Non tutti sono a conoscenza della notizia, ma l’American Psychological Association (APA) ha dato alla luce l’ultima versione del suo best-seller: il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM – V). La revisione della cosiddetta “Bibbia della psichiatra, riporta non poche sorprese: dall’insorgenza di nuovi disturbi ai cambiamenti più dibattuti ancora oggetto di critiche.
Ricordate il programma trasmesso su Real Time “Sepolti in casa” ? Oggi per il DSM-V l’accumulo compulsivo è ufficialmente una patologia. Di cosa si tratta precisamente? Definiti accumulatori patologici, questi soggetti tendono a conservare tutto ciò che reputano importante, dagli indumenti al cibo o raccolgono ossessivamente una determinata categoria di oggetti. Gli accumulatori conservano in casa, in ufficio, in macchina, divorando progressivamente ogni angolo dello spazio disponibile, senza che disordine e caos siano da loro considerati un problema. Dagli ultimi studi effettuati e dalla ricerche di neuroimaging ad essi connesse, hanno rivelato che gli accumulatori prendono decisioni su cosa tenere e cosa buttare, hanno bisogno di più tempo per fare una scelta. Questo comportamento fa presumere l’esistenza di un forte attaccamento emotivo agli oggetti che impedisce la loro rinuncia.
Il DSM-V introduce cambiamenti nel concetto di dipendenza, non si parla più di dependance come nel DSM- IV, ma di addiction per sottolineare come la dipendenza da sostanze non sia da considerarsi in quanto tale, ma come una costante ricerca attiva della sostanza da parte del soggetto nonostante tutte le sue ovvie ripercussioni. I soggetti che assumono farmaci, ad esempio, non sono considerati esclusivamente dipendenti chimicamente da questi farmaci , ma li assumono per vivere normalmente perché quel tipo di rituale entra a far parte del proprio stile di vita e ne scandisce il ritmo. Il DSM-V elimina la confusione fra i due termini: tutte le dipendenze rientrano nella categoria, disturbi da sostanze in un capitolo intitolato “Disturbi da dipendenza e correlati all’uso di sostanze”. Inoltre, mentre nel DSM-IV per una diagnosi di abuso di sostanze era richiesto un solo sintomo, nella nuova edizione un disturbo da uso di sostanze lieve richiede almeno due sintomi.
L’APA ha deciso di inserire insieme ai disturbi da uso di sostanze, anche il gioco d’azzardo, classificato precedentemente come un disturbo nel controllo degli impulsi. In relazione a dati recenti, si è evidenziato che il cervello delle persone dipendenti dal gioco d’azzardo cambia in modo simile a quello dei tossicodipendenti, tuttavia le ricerche in questo ambito sono ancora aperte. Un’altra dipendenza non classificata ancora come tale a causa della scarsità dei dati, è il disturbo da gioco su Internet, il quale verrà incluso nella sezione 3 riservata ad ulteriori approfondimenti e ricerche. L’ipersessualità, la dipendenza dal sesso,non fa parte del programma di revisione del DSM-V in quanto è stata respinta dai curatori del manuale.
Il disturbo bipolare, considerato patologico in età adulta, fa il suo esordio anche nella fase adolescenziale. Negli ultimi due decenni, infatti, sempre più bambini sono stati diagnosticati come bipolari. Si tratta di capricci semplicemente dovuti ad un’alterazione dell’umore tipica di questa fase o ad una vera e propria malattia? La comunità psichiatrica si divide. Per queste ragioni, l’APA ha deciso così di creare una nuova fattispecie diagnostica per accogliere questi bambini denominata: disturbo da disgregazione distruttiva dell’umore. Per soddisfarne i criteri, un bambino tra i sei e i 18 anni deve presentare irritabilità persistente e frequenti episodi di comportamento esplosivo per tre o più volte alla settimana per più di un anno.
In merito ai disturbi della personalità, gli psicologi clinici si sono resi sempre più conto che un tratto di personalità definito problematico varia di intensità da persona a persona. Per questo motivo, diviene necessario misurare la gravità nell’espressione di questi tratti valutando la salute globale mentale del paziente e non formulando una diagnosi cercando la presenza o l’assenza di tratti di personalità disfunzionali.
Lo spettro autistico, caratterizzato dalla compromissione dell’interazione sociale, dall’evitamento di un contatto visivo prolungato, dall’assunzione di un comportamento limitato e ripetitivo, è un patologia difficile da classificare e sempre più diffusa. Diverse persone hanno ricevuto la diagnosi pur non essendo autistiche, e queste diagnosi errate hanno sicuramente contribuito a portare alle stelle i tassi di diagnosi di autismo in tutto il mondo dal 1980. Il Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti stima che venga diagnosticato un disturbo dello spettro autistico a un bambino su 88. All’inizio del 2012, però, diversi studi hanno testato i nuovi criteri per l’autismo, concludendo che erano troppo severi ed escludevano alcune persone ad alto funzionamento all’estremo più lieve dello spettro. Nel mese di ottobre del 2012, un’analisi più ampia e completa dei dati relativi a oltre 5000 bambini ha stabilito che i criteri del DSM-V individuano il 91% dei bambini che hanno ricevuto una diagnosi di autismo o di un disturbo correlato allo sviluppo sulla base del DSM-IV. Agli inizi del 2012 avrebbero potuto rendere i criteri del DSM-5 più inclusivi, contribuendo a identificare quel 9% di bambini trascurati. Eppure, quando è arrivato il momento di mettere a punto il DSM-V, l’APA ha deciso di mantenere i criteri più severi.