Per il Green Pass ora il governo Draghi richiede un vero e proprio patto sociale per far sì che si possa incardinare il Paese sulla via della ripresa economica duratura di lungo periodo.
Detta così sembra quasi, surreale ma viste le enormi difficoltà che si stanno registrando e, soprattutto, la contrapposizione fra organizzazioni datoriali ed organizzazioni sindacali sembra che una trattativa vera e propria debba essere instaurata.
Per carità, che nessuno pensi che si possa riaprire una nuova stagione della “concertazione” che sembra ormai avere la stessa deflagrazione di una parolaccia ad un convegno di boy scout. Si vuole solo armonizzare le diverse esigenze.
da Wikipedia
Concertazione (termine mutuato dalla musica) è un termine utilizzato in Italia che si riferisce ad una pratica di governo che tende a operare scelte economiche attraverso una consultazione preventiva delle parti sociali, principalmente sindacati ma anche associazioni di categoria o appartenenti al terzo settore.
Ecco, Mario Draghi dopo i panni del pompiere – in tante recenti occasioni – deve vestire quelli del pontiere e cercare di costruire, appunto, un ponte fra Confindustria ed i Sindacati alla luce delle esigenze che derivano dalla messa in atto delle operazioni previste dal Recovery Fund.
Draghi e il Green Pass: perché il patto sociale?
Dunque, il primo nodo da far venire al pettine è proprio quello dell’obbligatorietà del Green Pass per i lavoratori nei luoghi di lavoro. Nel settore pubblico ormai nulla quaestio e dal 15 ottobre chi è senza Green Pass se ne sta a casa ma con ricadute economiche tutt’altro che simpatiche: sospensione dallo stipendio e non pagamento di quarantena tanto per iniziare e poi tanti altri strascichi amministrativi.
Per il settore privato, invece, la questione è assolutamente aperta nella perenne contrapposizione datori di lavoro-lavoratori attraverso le proprie organizzazioni di categoria che non mancano mai di far sapere che gli uni vogliono strenuamente il Green Pass e gli altri lo vedono come un qualcosa di potenzialmente discriminatorio.
Bonomi e Landini si fanno portabandiera delle rispettive tesi e sostengono che le difenderanno sine die.
Il governo da arbitro super partes deve, perciò, diventare giocatore attivo e cercare di mediare fra le parti e ricondurle a ragionevolezza; magari facendo leva sul criterio della salute pubblica, che però non è un criterio condiviso da tutti a quanto pare.
Sta di fatto che se nel settore dell’impiego pubblico vale il criterio dell’obbligatorietà del Green Pass non si capisce perché mai poi nel settore privato questo non debba essere valido. Il pretesto della discriminazione avrebbe bisogno solo di una vigilanza costante ma non certo l’abiura della protezione della salute pubblica in omaggio ad una pretesa lesa libertà.
Draghi e il Green Pass: ma i problemi veri li affronteremo?
Mentre si discute amenamente di tutto ciò sul tappeto rimangono tematiche non certo secondarie che necessiterebbero, quelle si, di unità d’intenti.
Pensioni, Scuola, Pubblica Amministrazione, Concorrenza, Politica Industriale, Politiche Attive del Lavoro solo per citare le prime a memoria, senza escludere tutta la problematica relativa alla riforma della Giustizia, sono tutti punti fondamentali da dirimere seduti ad un tavolo di cui le suddette parti fanno parte a pieno diritto ma anche con grandi doveri verso imprenditori e lavoratori che si dovranno confrontare, facendolo sulla loro pelle, con tutte le difficoltà che ci saranno con l’arrivo dei primi finanziamenti previsti dal PNRR.
Comunque vada, una sola esortazione: fate presto e bene. L’Europa non ci attenderà all’infinito e noi non ci possiamo permettere di perdere questo treno che significa cercare di dare uno spiraglio di luce al futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Basta beghe e basta contrapposizioni di bottega da una parte e dall’altra non fanno il bene del Paese, sono meschine ora.
Flaiano diceva: “La situazione è seria ma non grave” non facciamola diventare “seriamente grave” sarebbe delittuoso!