Sono entrate in vigore ieri, 6 novembre, le nuove misure che dispongono lockdown soft differenziati nelle diverse aree del Paese. Un metodo per affrontare la pandemia diverso da quello adottato nella precedente ondata che tiene conto delle specificità delle diverse zone, sia da un punto di vista strutturale, sia per le contingenze. E a proposito di queste specificità, quali sono i criteri applicati alle Regioni italiane per consentire la corretta applicazione delle norme contenute nell’ultimo Dpcm di Conte?
I 21 criteri applicati alle Regioni per il Dpcm di Conte
Gli indicatori che disegneranno la nuova geografia dell’Italia sono una serie di parametri individuati dal Cts e dal ministero della Salute e inseriti nel Decreto del ministro Speranza del 30 aprile 2020 per le attività di monitoraggio del rischio sanitario. Sono divisi per settore:
I primi 6 riguardano la capacità di monitorare l’andamento dell’epidemia e richiedono informazioni come:
- Il numero dei contagiati
- Il numero dei ricoverati in ospedale
- Il numero dei ricoverati in terapia intensiva
- Il numero di casi in una stessa zona
- Il numero degli ospiti nelle RSA
- Il numero delle RSA con criticità
La soglia di allerta per questo blocco è fissata a un numero corrispondente a meno del 50% dei casi registrati per tre settimane dallo scorso 4 maggio.
Il contact tracing
I secondi sei fanno riferimento ai tamponi effettuati e al contact tracing
- Il numero dei tamponi positivi
- Il tempo che passa tra la manifestazione dei sintomi e la diagnosi
- Il tempo passato dall’inizio dei sintomi all’isolamento
- Il personale dedicato al contact tracing
- Il personale dedicato e il tempo che trascorre nelle operazioni di prelievo, invio campioni al laboratorio, controllo dei contatti stretti e delle persone in quarantena e in isolamento
- Il numero dei contagiati per i quali è stato effettuato il contact tracing
Per questi ultimi indicatori, la soglia è calcolata facendo riferimento agli standard raccomandati a livello europeo.
L’indicatore Rt
Il terzo gruppo riguarda la stabilità di trasmissione e la tenuta dei servizi sanitari:
- I casi segnalati alla protezione civile negli ultimi 14 giorni
- L’indicatore Rt
- I casi segnalati alla sorveglianza sentinella Covid net per settimana
- Numero di casi per data diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata COVID19 per giorno
- Numero di nuovi focolai di trasmissione
- Nuovi casi di infezione estranee a catene di trasmissione già note
- Numero di ricorsi al Pronto Soccorso per infezioni da Covid
- Tasso di occupazione dei posti letto totali nelle terapie intensive per pazienti Covid
- Tasso di occupazione dei posti letto totali per pazienti Covid
L’indicatore Rt maggiore di 1 o addirittura non calcolabile costituisce la soglia di allerta.
Abbiamo visto, dunque, che l’attribuzione di un determinato colore a una Regione dipende dall’incastro di tre componenti fondamentali: la possibilità della Regione stessa di registrare l’andamento dell’epidemia, la sua capacità di controllarla attraverso gli strumenti diagnostici e il tracciamento e infine la solidità della sanità locale intesa come sia come strutture che come personale impiegato. Per avere un quadro chiaro della situazione, quindi, bisogna tenere conto di tutti i fattori in gioco e come questi si intersecano tra loro.
La prima suddivisione delle Regioni in gialle, arancioni e rosse ha fatto riferimento a dati elaborati 15 giorni prima del Decreto provocando malumori in diversi Governatori. Vedremo cosa ci attenderà nelle prossime settimane quando i nuovi dati richiederanno nuove sistemazioni “cromatiche”.
In copertina foto di Vesna Harni da Pixabay