È un fenomeno che non finisce di sorprendere quello con cui tutti facciamo i conti quando nei programmi televisivi di approfondimento giornalistico ci troviamo di fronte a due schieramenti opposti: da una parte opinionisti e dall’altra rappresentanti della scienza.
Un confronto o meglio uno “pseudo confronto” dove i primi sono in numero maggiore e i secondi in minoranza, con tempi di intervento sbilanciati notevolmente verso i primi. L’ultimo esempio è stato il 12 maggio scorso con un confronto tv in Rai sui vaccini tra un deejay e un’ex presentatrice televisiva (nonché attrice) da una parte e un professore/ricercatore dall’altra. Poiché la scienza si basa su dati documentati e certi e il resto è pura ideologia e opinionistica, ne deriva un “confronto” improbabile, se non dannoso per la salute.
In Italia le vaccinazioni obbligatorie previste in età pediatrica sono contro la difterite (Legge del 6 giugno 1939 n. 891 – Legge del 27 aprile 1981 n. 166), il tetano (Legge del 20 marzo 1968, n. 419), la poliomelite (Legge del 4 febbraio 1966 n. 51) e l’epatite di tipo B (Legge del 27 maggio 1991 n. 165). Le altre vaccinazioni, pur non essendo obbligatorie, sono ugualmente necessarie per garantire la salute non solo propria ma anche dell’intera società.
Risale al 1796 l’origine dei vaccini, grazie all’intuizione poi sperimentata del medico inglese Edward Jenner in merito al vaiolo, malattia causata dal virus Vaiola, che ancora alla fine degli anni ’60 provocava milioni di morti all’anno, debellata definitivamente nel 1979 proprio grazie alle vaccinazioni.
Come afferma il noto direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Silvio Garattini, nella sua prefazione al libro “Vaccini, complotti e pseudoscienza” (a cura di Armando De Vincentiis), diventato un punto di riferimento nel panorama editoriale di divulgazione scientifica su questo tema, non è comprensibile l’attacco nei confronti del maggior vanto della ricerca, i vaccini, e aggiunge: “Occorre chiamare tutti a raccolta perché si tratta di mantenere un bene comune, la salute pubblica”.
La par condicio non può funzionare quando si portano dei dati scientifici come quelli sulla validità e sull’importanza delle vaccinazioni. L’errore compiuto da alcuni programmi televisivi sta proprio nel mettere a confronto le verità tecniche della scienza con le opinioni e le posizioni ideologiche (quindi non basate sui dati oggettivi) generando, così, un confronto-scontro ideologia vs scienza per una trasmissione-comunicazione falsata all’origine. Si avrà, in questo modo, una illusoria par condicio tra chi porta prove scientifiche e chi risponde soltanto attraverso opinioni (non informate), generando, così, l’illusione del dibattito democratico, ma in realtà confondendo i telespettatori che possono facilmente cadere nella trappola della retorica pseudoscientifica e di logiche fallaci.
Come scrive Armando De Vincentiis nella sua introduzione al recente libro “Giornalismo pseudoscientifico” a firma di Piero Angela, Cristina Da Rold e Marco C. Mastrolorenzi: «se le opinioni su questioni che riguardano scelte di vita e salute non hanno un fondamento scientificamente provato, non possono essere trattate con pari dignità in nome di una democrazia illusoria». Invitare in trasmissione persone non addette ai lavori e avverse ideologicamente alla scienza e alla medicina significa fare disinformazione e generare confusione nei telespettatori, i quali non saranno stati informati correttamente e a loro volta si faranno un’opinione fallace e dannosa.
In occasione della Settimana dell’Immunizzazione promossa dall’OMS, il noto giornalista scientifico e presentatore televisivo Piero Angela ha affermato che «il pubblico è spesso indifeso di fronte a certe informazioni che circolano per quanto riguarda le vaccinazioni. Lo si è visto in passato nel caso Wakefield, con la falsa correlazione con l’autismo che ha portato molti genitori a non vaccinare i figli, ma la disinformazione è sempre presente. Purtroppo è facile colpire le emozioni e seminare dubbi. Su Internet, in particolare, circolano spesso bufale di ogni tipo, non solo sulle vaccinazioni. Il problema è sempre quello delle fonti, naturalmente, ma anche della correttezza di chi scrive. Comunicare la scienza comporta una responsabilità nei confronti del pubblico. È importante spiegare che, in particolare per le questioni che riguardano la salute, occorre sempre riferirsi a ciò che esce dalla comunità scientifica, e non a falsi miti, complotti, o a ciò che ha sentito dire il vicino di casa».