Il divorzio è un istituto presente già nel diritto romano. Fino al XX secolo ha trovato le sue motivazioni sempre in cause colpevoli. Fino a prima del 1970 era previsto solo in casi di crudeltà, adulterio o abbandono che il coniuge leso doveva dimostrare. Oggi le motivazioni per richiedere lo scioglimento del matrimonio escludono la colpevolezza e si inquadrano nella cornice dei rapporti tra i coniugi: la constatazione di differenze in conciliabili o una rottura del rapporti personali non rimediabile.
Quando è stato introdotto il divorzio in Italia
Il divorzio fu introdotto in Italia dalla legge n. 898 del 1970. Una legge che passata alla storia per due motivi principali. Il primo è l’opposizione della Democrazia Cristiana, allora partito di maggioranza in parlamento. Il secondo è che venne promulgata dal Capo dello Stato lo stesso giorno dall’approvazione. Quest’ultimo punto rappresenta un unicum nella storia della Repubblica italiana. Il mancato appoggio del partito di maggioranza alla legge 898 diede luogo, negli anni seguenti, alla formazione di un movimento che arrivò a promuovere, quattro anni dopo, un referendum abrogativo. Il risultato del referendum del 1974 decretò la vittoria del no e l’istituto rimase.
Evoluzione del divorzio
Con il passare del tempo la legge sul divorzio ha subito diverse modifiche che ne hanno accorciato i tempi e snellito le procedure:
- nel 1987 la legge n. 74 ha portato da 5 a 3 anni il tempo di separazione necessario per chiedere il divorzio;
- nel 2014 è stato stabilito che la domanda di divorzio può essere presentata in forma congiunta non più al tribunale bensì al sindaco e l’assistenza di un avvocato è facoltativa. Questa disposizione vale per le coppie senza figli minori o incapaci o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti. Altra condizione è che deve esserci intesa tra i coniugi su tutti i punti dell’accordo. In questo caso il divorzio viene trascritto immediatamente senza altre formalità.
- nel 2015 la legge n. 55 abbrevia ulteriormente il tempo necessario di separazione per richiedere il divorzio. Un anno in caso di separazione giudiziale, 6 mesi in caso di separazione consensuale. Introduce il divorzio breve.
Cos’è il divorzio breve
Il divorzio breve è una procedura che snellisce e abbrevia l’iter che porta dalla separazione al divorzio. Ogni coniuge deve scegliere un avvocato che lo rappresenti. Gli avvocati fanno sottoscrivere e sottoscrivono un documento detto Convenzione per la negoziazione assistita che impegna le parti a concludere la negoziazione entro un termine stabilito. Quando si giunge a un accordo di divorzio condiviso i quattro attori (i due coniugi e i due avvocati) si incontrano presso lo studio di uno degli avvocati, per leggerlo e sottoscriverlo. A questo punto gli avvocati trasmettono alla Procura l’accordo firmato. La Procura a sua volta effettua un rapido controllo (soprattutto se ci sono figli) e rilascia l’autorizzazione. La procedura, detta negoziazione assistita, riduce molto i tempi del divorzio rispetto a quella tradizionale che prevede l’udienza in tribunale in presenza del giudice. Si consideri che dalla presentazione della richiesta alla data dell’udienza possono passare mesi. Con la negoziazione assistita, invece, dalla presentazione all’autorizzazione trascorrono solo pochi giorni.
Quali documenti servono per il divorzio breve
I documenti da integrare alla richiesta di divorzio breve in caso di negoziazione assistita sono:
- copia dell’atto integrale di matrimonio
- certificato contestuale di residenza e stato di famiglia
- copia autentica del decreto di omologa o degli accordi autorizzati di negoziazione assistita
- dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni di entrambi i coniugi
Quanto spetta alla mogli in caso di divorzio?
L’assegno divorzile, la cifra versata all’ex coniuge dopo il divorzio, ha presupposti diversi dall’assegno di mantenimento, quello cioè versato dopo la separazione. Quest’ultimo, infatti, deve tener conto anche del tenore di vita. Deve cioè garantire all’ex coniuge gli stessi standard della vita matrimoniale. L’assegno divorzile deve, invece, garantire semplicemente l’autosufficienza economica dell’ex coniuge. E’ riconosciuto a coloro che:
- hanno superato i 40/45 anni di età
- dimostrino di aver cercato lavoro e di non averlo trovato
- dimostrino di essere nell’impossibilità di lavorare per motivi di salute
- durante il matrimonio hanno rinunciato al lavoro per sostenere la famiglia.
A determinate condizioni all’ex coniuge divorziato spettano il TFR e la pensione di reversibilità. Si ha diritto al TFR dell’ex coniuge se il divorzio è stato antecedente alla pensione e se l’ex percepisce un assegno divorzile. La pensione di reversibilità invece spetta se la pensione è stata maturata prima del divorzio. Se il pensionato si è nel frattempo risposato all’ex coniuge toccherà solo una quota. In ogni caso l’ex coniuge “beneficiario” non deve essersi risposato.