Molto spesso si sente parlare di somatizzazione, ossia la trasposizione di preoccupazioni psicologiche in veri e propri sintomi fisici. La letteratura medica è piena di esempi e riferimenti a problemi psicosomatici, si tratta di tutti quei casi in cui i pazienti lamentano disturbi di tipo fisico non riconducibile ad alcuna causa organica. I sintomi più comuni sono i dolori articolari, difficoltà sessuali e lamentele di malessere generale.
Anche se non sussiste una causa organica il problema non va trascurato, poiché in molti casi, questi sintomi condizionano le relazioni sociali dell’individuo. E’ proprio con questa consapevolezza alla mano che la medicina si sta muovendo in materia, oggi, in effetti, non si parla più semplicemente di somatizzazione ma di disturbo di somatizzazione inserito nella “gamma” dei disturbi somatoformi semplici o complessi a seconda della durata del fastidio.
La manualistica ci insegna, inoltre, a considerare questi sintomi non solo indicativi di una vera e propria sindrome ma, allo stesso tempo, ci invita a tener presente il soggetto nella sua complessità personale e sentimentale.
A questo proposito, si evidenzia che a soffrire di problemi psicosomatici sono per lo più le persone con uno scarso controllo sugli eventi o quelli la cui cultura non incoraggia l’espressione verbale. Questi soggetti, avendo difficoltà a esprimere i propri stati d’animo e le proprie emozioni attraverso l’uso della parola fanno si che il corpo parli al proprio posto. Questo capita spesso anche nei bambini. L’alessimitia, ossia l’incapacità di esprimere le proprie emozioni a parole è molto importante per lo studio dei disturbi psicosomatici, tuttavia, la medicina non ha ancora stabilito un legame certo e indissolubile fra le due condizioni.
Volendo archiviare per un attimo la letteratura medica e i suoi cavilli, ciò che bisogna tenere ben a mente è che il disturbo esiste ed è ben tangibile dalla persona e non deve essere sottovalutato. Spesso gli individui affetti da disturbi di somatizzazione entrano in un circolo vizioso; da un lato sussiste la confortante idea che non vi è alcuna causa organica a generare il fastidio, dall’altro, però, proprio perché non esiste una causa fisica al problema il paziente si sente chiaramente preoccupato di non poter risolvere la questione. Se a questo aggiungiamo l’atteggiamento delle persone circostanti, il paziente rischia davvero di impazzire. Molto spesso, infatti, gli individui che hanno a che fare con dei disturbi di somatizzazione si trovano a interagire con persone che sminuiscono il loro problema poiché causato da una componente psicologica, quindi, “inesistente”. Questo innesca un meccanismo di innalzamento delle soglie di stress e ansia nel paziente con evidenti ripercussioni sui sintomi avvertiti. L’ansia, lo stress, l’insicurezza gravano pesantemente sui disturbi di somatizzazione, dunque, è bene tener presente che anche se la causa non è palpabile non vuol dire che non esista e non provochi gli stessi effetti.
Come si affronta, dunque, il problema? Semplice, il dilemma e il pregiudizio della scissione mente – corpo tipico della letteratura medica del 19° secolo è ancora intrinseco nei nostri atteggiamenti quotidiani. Questo è un errore, non ci interessa sapere cosa sia più importante , quello che interessa è il benessere della persona, quindi il 21° secolo dovrebbe puntare e mirare a considerare la persona come un tutt’uno. E’ importante che la medicina inizi ad abbracciare la psicologia, che medici e psicologi uniscano le loro competenze, poiché nel secolo dello stress per eccellenza, la maggior parte dei pazienti necessita di essere analizzata da più punti congiuntamente. Spesso il paziente affetto da disturbo di somatizzazione non si reca di sua spontanea volontà dallo psicoterapeuta se non in rarissimi casi, per questo, sarebbe utile che il medico aprisse lo spiraglio al paziente in modo cosciente e consapevole. E’ in quest’ottica che per il trattamento della sindrome di somatizzazione la collaborazione fra psicoterapeuta e medico di fiducia è fondamentale.