Dislessia guarigione impossibile? Un recente studio, condotto dall’Università di Cambridge ci fornisce una nuova prospettiva. Pubblicato sulla rivista Frontiers in Psycology, lo studio è destinato a stravolgere la visione su quella che ormai è considerata non più una malattia bensì una caratteristica della persona.
Dislessia guarigione da un disturbo infantile?
La World Federation of Neurology nel 1968 ha definito la dislessia evolutiva come “un disturbo nei bambini che, nonostante l’esperienza scolastica convenzionale, non riescono a raggiungere le abilità linguistiche di lettura, scrittura e ortografia commisurate alle loro capacità intellettuali“. Non a caso la dislessia, associata spesso a discalculia e disgrafia, si rileva nei primi anni della scuola primaria partendo da difficoltà nella lettura, nella scrittura e nell’abilità di calcolo. Il sistema scolastico prevede, per questi bambini, prontamente catalogati nella categoria DSA (disturbo speciale dell’apprendimento), strategie di insegnamento diversificate con l’applicazione di strumenti cosiddetti dispensativi e compensativi. Diversificazioni che continuano anche nei livelli scolastici seguenti. Insomma quando si parla di dislessia si fa riferimento solo all’ambito scolastico soffermandosi sulle difficoltà. Dettaglio che fornisce della dislessia un quadro molto riduttivo. Un piccolo passo in avanti è stato fatto qualche anno fa quando si è iniziata a vedere la dislessia non come un deficit ma come una caratteristica del cervello. Dunque non una difficoltà di apprendimento ma un modo diverso di apprendere.
Lo studio dell’Università di Cambridge
Lo studio condotto dall’Università di Cambridge prende le mosse proprio da queste considerazioni. Finora ci si è concentrati, per quanto riguarda la dislessia, solo sull’ambito dell’apprendimento scolastico. Si è guardato alla dislessia solo come a un deficit. Sono pochissimi gli studiosi che in questi anni hanno indagato su quelle che sono le abilità legate alla dislessia evolutiva. Tra i pochi ci sono Eide ed Eide, che nel 2019, così come riportato nello studio inglese, partivano da un altro presupposto: “[L]a domanda che dobbiamo porci non è cosa c’è che non va nel cervello dislessico, ma a cosa serve la cognizione dislessica, per cosa sono davvero costruiti questi cervelli?.” Due anni dopo, dicono gli autori dello studio, possiamo asserire che la dislessia svolga un ruolo importante nei processi adattivi dell’individuo. La ricerca cognitiva tipica dei dislessici li porta a mostrare punti di forza in ambiti molto precisi.
Arte e creatività
Gli individui con dislessia evolutiva si mostrano particolarmente creativi e innovativi. Nell’arte riescono a dare maggiore prova di queste capacità essendo molto portati per il disegno a mano libera e nella creazione di oggetti artistici. In ambiti come quello della letteratura, dell’ingegneria sanno trovare nuove strade e nuove soluzioni. Una capacità che deriverebbe dalla necessità di trovare strategie diverse di apprendimento. Molto intuitivi, sono capaci di accostamenti insoliti. La capacità di guardare alla visione d’insieme li porta a ragionare su sistemi complessi. Una visione, quella illustrata nello studio inglese, che ha bisogno di un cambio culturale profondo. Un cambio di sguardo che non soffochi la capacità di adattamento di questi individui sarà il modo migliore per affrontare le sfide che attendono a breve l’umanità.