New York, 12 luglio 1974, stazione radio WPIX-FM.
Nell’etere risuonano decine di pezzi di un genere musicale destinato a reinventarsi nel tempo fino ai giorni nostri: la disco music. Fino ad allora era stata appannaggio di pochi privilegiati, quelli che frequentavano a Brooklin le feste presso il The Loft del dj Dave Mancuso, un appartamento trasformato in discoteca ad inviti e dotato del miglior impianto musicale newyorkese. Amatissima dal popolo, odiatissima dai rockers e bistrattata dai critici più intransigenti, nella disco music si riversano ritmi della tradizione soul e musicalità latine, rinnovate con l’apporto di computer e sintetizzatori.
Sono stati gli Chic (quelli della famosissima Le Freak, 1978) con il leader del gruppo Nile Rodgers a dare l’avvio a quella trasformazione che avrebbe visto il suono che spopolava nei sottoscala del Bronx e nella lower Manhattan diventare il vero business del secolo. In contrapposizione al rock, sinonimo nei ’70 di impegno civile e protesta politica, la disco music si impose subito per la sua leggerezza, facendosi manifesto di una filosofia di vita improntata all’ “hic et nunc”: godiamoci la vita, e godiamocela ora!
Con l’avvento della musica disco e lo spopolare dello Studio 54, si ebbe sin dall’inizio l’impressione di non assistere semplicemente ad un nuovo fenomeno musicale, ma al cambiamento dello stesso modo in cui si intrecciavano le relazioni sociali, come se, una volta entrati in un disco club, automaticamente ogni reticenza venisse messa da parte. E così, accanto a nomi come Salvador Dalì, Andy Warhol, Bee Gees, ci si immergeva in un tripudio di nazionalità ed orientamenti sessuali. Asiatici, italiani, portoricani, etero, gay e trans si scatenavano sulle piste da ballo sulle note di una nuova musica nata per le minoranze nere, sotto i mille riflessi della “mirror ball”, la sfera luminosa appesa ai soffitti delle discoteche di tutto il mondo.
I Bee Gees furono considerati il paradigma degli anni settanta, anche se non nacquero come artisti disco. Ci pensò il film “Saturday night fever”, di cui curarono la colonna sonora, a consacrarli anche come fenomeni disco: l’ album vendette oltre trenta milioni di copie. A seguire, accanto ai su citati Chic: gli Earth Wind & Fire, gli ABBA, Gloria Gaynor, i Santa Esmeralda, Patti LaBelle, Grace Jones, i Commodores, i Village People, I Blondie, i Boney M e tanti altri.
Spostandoci in Europa, bisogna assolutamente menzionare il musicista e produttore Giorgio Moroder, ancora oggi sotto le luci della ribalta, il quale ha creato una specie di lingua franca della pop-dance che ha scavalcato i decenni e le mode. Con il brano electro-disco “I feel love”, forte della sensuale vocalità dell’indiscussa icona disco Donna Summer, fece da apripista a tutte le evoluzioni future della disco. A tal proposito va raccontato un aneddoto. Berlino, 1977. Brian Eno e David Bowie lavoravano in sala registrazione ad Heroes. Eno aveva appena ascoltato “I feel love” ed entrando in studio, rivolgendosi al Duca Bianco, disse: “Ho sentito il suono del futuro. Eccolo qui, non cercate oltre. Questo disco cambierà la musica da discoteca per i prossimi 15 anni“.
Nel 1978 la disco dominava qualsiasi classifica e la programmazione di ogni stazione radio, facendo inoltre da colonna sonora a tanti spot pubblicitari. Nonostante una battuta d’arresto subita nel 1979 a seguito di un forte attacco mediatico ad opera della Disco Demolition Night al Comiskey Park di Chicago, al grido di “Disco sucks” (La musica da discoteca fa schifo -ndr), l’anno successivo la disco music invase la scena italiana. L’Italia divenne il più grande esportatore di italo disco tra la fine degli anni ottanta e i primi novanta, quando la dance italiana influenzò non solo protagonisti della scena europea come gli Snap ma persino produttori americani come gli Afrika Bambaataa. La disco music arrivò così a convogliare al suo interno, integrandole, nuove forme musicali, più inclini alla elettronica rispetto al decennio precedente. Il declino della disco music in senso stretto è da ascrivere agli inizi degli anni ’90 quando comincia a verificarsi il passaggio dalla disco music alla dance music.
Vogliamo infine scomodare per un attimo il famoso scienziato Lavoiser che diceva “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” ed il fenomeno della disco music, anche se non c’entra nulla con la fisica, ce lo conferma: buon 40esimo compleanno!