Quali devono essere le caratteristiche specifiche di un territorio destinato ad ospitare una discarica?
Pianura e Villaricca sono soltanto alcuni dei molti territori in cui sorgono o sorgeranno le strutture adibite a grandi contenitori di spazzatura. Ma fino a che punto la scelta dei siti operata dalle istituzioni è da ritenersi giusta? E che dissesti idrogeologici, e quali conseguenze, può comportare un errore nella loro individuazione? Ne abbiamo parlato con Giovan Battista de’ Medici,geologo ed idrologo.
Professore, che caratteristiche deve avere un territorio perché sia idoneo all’installazione di una discarica?
Dunque, le caratteristiche che deve avere un territorio sono essenzialmente di due tipi: una caratteristica relativa specificamente ai terreni affioranti, che devono essere impermeabili, cioè non devono trasmettere sostanze inquinanti in profondità e ai lati: le discariche devono essere confinate da terreni impermeabili. I terreni impermeabili per eccellenza sono i terreni argillosi o i terreni a granulosità molto sottile: ad esempio, le aree vulcaniche nostrane, sono anch’esse abbastanza impermeabili. Ma c’è una seconda caratteristica che devono avere questi siti: noi dobbiamo imparare a considerare il territorio e l’ambiente come un bene primario, di fondamentale importanza, sociale ed economica, da trasmettere alle generazioni future. Il primo criterio deve essere quello di scegliere delle aree che siano, sì, costituite da un terreno impermeabile, ma che si trovino molto distanti da urbanizzazioni, da corsi d’acqua, che non abbiano dei vincoli paesaggistici, che non abbiano delle peculiarità , dei pregi in particolare. Ad esempio, scegliere delle aree pianeggianti e ad alto valore agrario è uno sbaglio enorme, perché si alienano delle aree per anni e anni, o decenni, sottraendole all’agricoltura e, quindi, eliminando il loro valore economico. Infatti, per prima cosa, nell’ambito della regione Campania avevo individuato, e sono individuabili non soltanto da parte mia, ma da parte di tutti i miei colleghi, delle aree marginali, cioè delle aree che non hanno un impatto nei confronti della popolazione e dei valori economici dei territori. Delle aree marginali, dunque, che hanno un valore e un peso sull’ambiente e sulla qualità del territorio minori rispetto a zone dal valore diverso.
Di quali territori si tratta?
Ce ne sono diversi nelle diverse province della regione Campania. L’unica provincia che è povera di aree di questo tipo, e per una serie di ragioni, è proprio la provincia di Napoli, perché, oltre ad essere la più ristretta da un punto di vista territoriale, è anche la meno adatta perché caratterizzata da un’urbanizzazione estesissima, a volte abusiva e neanche ben conosciuta: recentemente sono stati trovati dei rioni del tutto sconosciuti alla legalità amministrativa. Ma la provincia di Napoli ha una densità notevole: l’hinterland napoletano ha la più alta densità abitativa d’Europa. La provincia napoletana, quindi, non è idonea. Anche se, finora, lo è stata, perché conosciamo tutti i siti già utilizzati, come Villaricca, in provincia di Napoli. La provincia di Napoli deve utilizzare delle aree di altre province della Campania. Per cui, il discorso che si è inventato il Commissario straordinario di governo sulla provincializzazione è un discorso, secondo me, molto relativo e strumentale, perché la provincializzazione non ha troppo ragion d’essere per determinate aree come quella della provincia di Napoli.
Lei come valuta, in relazione a ciò, il piano De Gennaro?
Il piano De Gennaro ha, secondo me, delle carenze fondamentali; non è un vero e proprio piano, e il dottore De Gennaro, molto onestamente, l’ha detto sin dall’inizio: il piano, innanzitutto, non ha prospettive. Il commissario si propone, da quello che egli stesso ci ha detto, di eliminare quei cumuli di immondizia che si trovano, attualmente, a terra nei vari territori. A quel punto, il compito del dottor De Gennaro è concluso. Quindi, un piano De Gennaro vero e proprio non c’è, perché si eliminano i cumuli di immondizia attraverso l’apertura di discariche preesistenti, l’invio all’estero di determinati quantitativi di spazzatura e la sistemazione di altri quantitativi in luoghi provvisori e superficie limitata, come la Manifattura Tabacchi. Dovremmo parlare, allora, di piano Bertolaso, quello del commissario precedente. Tale piano aveva individuato per legge, nel maggio-luglio dell’anno scorso, dei siti che, stranamente, ad oggi non erano ancora stati approntati. Mi riferisco a Savignano Irpino, a Terzigno e a quei pochi altri siti che erano indicati nella legge. E questo piano, neanch’esso realizzato, sta dando delle difficoltà enormi perché, qualora fosse stato realizzato, a questo punto avremmo dove sistemare le ecoballe, per quanto in maniera provvisoria o definitiva. Io ho l’impressione che in questa faccenda dell’emergenza rifiuti ci sia un grosso pasticcio, ma soprattutto una grossa irrazionalità degli interventi, il che significa che difficilmente il problema sarà adeguatamente risolto nei prossimi anni.
Di chi sono le responsabilità di questa situazione?
La risposta non è semplice. La responsabilità è, purtroppo, innanzitutto del Commissario straordinario di Governo, che perdura da quattordici anni per questa emergenza rifiuti. Il che è uno scandalo a livello mondiale, perché l’emergenza può durare per un periodo breve, ma non per quattordici anni. Il Commissario straordinario di Governo è il Governo italiano, è lo Stato italiano; per cui il Governo, intervenuto in una situazione emergenziale quattordici anni fa in Campania, non è stato capace di risolvere il problema, anzi aggravandolo con una responsabilità enorme, ha speso una quantità gigantesca di denaro, che non è servito a nulla; le condizioni sono peggiorate, per cui il Governo italiano è colpevole di questa situazione. C’è da dire, comunque, dal mio punto di vista, che ci sono delle componenti di responsabilità anche da parte degli enti locali, perché la Regione ha il compito di tutelare, salvaguardare e gestire il proprio territorio, e non l’ha fatto. In più il Presidente della regione Campania, nella persona dell’onorevole Antonio Bassolino, è stato anche Commissario straordinario di Governo per alcuni anni e non ha risolto nulla. In realtà , io faccio una considerazione di questo tipo: se noi volessimo risolvere il problema dell’emergenza rifiuti, basterebbero al massimo un paio di anni, e Bassolino è stato Commissario straordinario per un periodo più lungo, per cui avrebbe dovuto risolverlo, anche in qualità di Presidente regionale. E’ una responsabilità anche della Provincia, perché la Provincia ha come proprio compito la pianificazione del territorio, in questo caso la pianificazione del territorio provinciale di Napoli. E’ una responsabilità anche del Comune, per cui i sindaci dovrebbero smetterla di strepitare a vuoto, perché, in effetti, la differenziata spetta all’ASIA e, quindi, all’amministrazione comunale. Sinora, a Napoli non abbiamo avuto un provvedimento di questo genere per la raccolta differenziata. La responsabilità è di tutte queste componenti, logicamente con una differente gradazione.
Perché le voci autorevoli come la sua non vengono prese in considerazione?
Quando nel gennaio – febbraio del 2007 il dottore Bertolaso mi chiese una collaborazione, io fin dall’inizio ebbi delle perplessità , perché non mi è sembrato di intravedere all’epoca, e a maggior ragione oggi, una struttura tecnica adeguata a supporto del Commissariato straordinario di Governo. Soprattutto, quel poco di strutture tecniche che ho intravisto sul campo non aveva un’adeguata conoscenza del territorio campano. Per cui i diversi tipi di intervento non sono stati adeguati. Mi sono enormemente meravigliato, e mi meraviglio ancora oggi in maniera sempre più notevole, del perchè il Commissario straordinario di Governo non abbia contattato le ben sette Università campane. Le Università non sono minimamente intervenute, né passivamente né attivamente, ovvero non sono state contattate né esse stesse, rendendosi conto della gravità del problema, hanno innestato un processo adeguato per aiutare negli interventi, e questo l’ho sempre detto ai miei Presidi di Facoltà . Ugualmente, non sono stati compulsati gli ordini professionali, perché, ad esempio, avrebbero potuto contattare o compulsare l’Ordine dei Geologi per delle indicazioni idonee, per sapere quali caratteristiche debbano avere questi siti. Niente di tutto ciò è stato fatto. Per cui la collaborazione, che adesso sembra diventata una leggenda, era questione banalissima e di normale amministrazione, e si sarebbe dovuto proseguire negli studi e nelle ricerche per l’individuazione di più siti in più province, in modo da dare un dettaglio sulle possibilità alla struttura commissariale. Ma tutto questo non è avvenuto. Allo stato attuale, c’è un fallimento totale di tutto il piano di smaltimento rifiuti in Campania. Bisognerebbe ricominciare tutto daccapo, con grande pazienza, e intervenire con competenza sul territorio.
Che cos’è il percolato? Provoca inquinamento?
Il problema dell’inquinamento non riguarda soltanto il percolato, ma riguarda una serie di elementi. Il percolato è quel liquido maleodorante, nerastro, che viene fuori dal deposito dell’immondizia sul campo sia per la marcescenza dell’organico, sia per l’intervento di alcune componenti non organiche. Infatti, logicamente, c’è il dilavamento dei materiali organici o del percolato dei materiali organici sui materiali non organici, con una compresenza, quindi, di più elementi. Dipende, poi, anche dai materiali che si depongono sul campo: se si depositano bidoni di solventi chimici, il percolato è costituito chiaramente anche da questi materiali chimici e non é più, di conseguenza, di sola natura organica. Anzi, il percolato più pericoloso è proprio quello non soltanto organico.
Quali sono le conseguenze?
Le conseguenze sono micidiali e bisogna stare molto attenti, dal momento che da parte di alcuni c’è la tendenza a non caricare di troppa importanza questa questione del percolato, che invece ha una rilevanza notevole. Infatti, provoca l’inquinamento dei terreni, per cui i sottosuoli restano impregnati di questo materiale, che diventa, poi, difficile da eliminare. Siamo, quindi, nelle stesse condizioni dei suoli di Bagnoli, dove c’era un’area industriale. La cosa peggiore, però, è che si determina l’inquinamento delle falde acquifere sotterranee: il percolato si trasmette attraverso il terreno, scende in profondità e va ad inquinare le falde acquifere sotterranee. In alcuni casi, non c’è nemmeno una considerazione attenta di questa fenomenologia, come si può capire prendendo come esempi il caso di Pianura o delle zone circostanti la città di Napoli: l’inquinamento delle falde, in quelle aree, è inquinamento di falde idriche sotterranee mineralizzate, dal momento che quello flegreo è un bacino idrotermale. Il danno è, quindi, ancora superiore rispetto ad un “normale†inquinamento di una falda acquifera superficiale.
I rifiuti tossici rappresentano un altro problema molto grave. Crede ve ne possa essere una gestione diversa in futuro?
E’ un problema che riguarda non soltanto il Commissariato straordinario di Governo, ma soprattutto la Regione Campania. Al contrario di altre regioni italiane, la Campania non ha ancora dato, a tutt’oggi, indicazioni per un sito regionale per lo smaltimento di rifiuti tossici, molto pericolosi. L’indicazione dei siti è necessaria per legge; ma in Campania tutto ciò non si è verificato, il che ha determinato anche, sia per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani, sia per quanto riguarda i pericolosi rifiuti tossici, una distribuzione selvaggia sul territorio da parte di strutture camorristiche, rassicurate dal fatto che in Campania non esiste un sito in cui smaltire i rifiuti tossici. Ognuno, di conseguenza, smaltisce dove vuole e dove può. E questa è una grande responsabilità del Governo regionale.
Perché la Regione non ha preso provvedimenti e non ha individuato dei siti di smaltimento per tali rifiuti tossici?
I perché possono essere diversi: il primo potrebbe essere l’incapacità o ignoranza, e questa è una componente molto diffusa. L’altro motivo potrebbe essere quello per cui, in questo modo, si sono favorite determinate operazioni illegali sul campo. Il fatto che, ad esempio, rifiuti tossici da altre regioni d’Italia arrivavano in Campania deriva proprio da questa disorganizzazione di carattere generale. In Campania abbiamo avuto ed abbiamo molti Commissariati straordinari. Un altro Commissariato di Governo è quello delle bonifiche e delle acque, tenuto, da anni e anche in questo caso in una situazione emergenziale che dura da parecchio tempo, direttamente dal presidente Bassolino. Bonifiche, in Campania, non se ne fanno, e questa è un’altra grossa carenza. Un esempio cardine è l’area di Bagnoli, da anni in attesa di una bonifica che non si riesce a terminare, e non si sa se e quando si effettuerà questa bonifica. Consideriamo altre situazioni non italiane: il bacino industriale della Ruhr, ad esempio, è stato completamente bonificato in poco tempo. La questione è, dunque, che noi non bonifichiamo aree industriali dismesse, come Bagnoli nell’area occidentale della città o come l’area dei serbatoi petroliferi dell’area orientale. In più, dovrebbero essere bonificate tutte le ex discariche, anch’esse non bonificate. Non si capisce bene, per cui, come e quando opera questo Commissario straordinario di Governo.
Qual è la sua idea sul parere dell’ISN e del dottore Greco a proposito della mancanza di qualunque legame tra la presenza di rifiuti e l’aumento di malattie e deformazioni congenite nelle aree delle province napoletana e casertana?
I pareri espressi di recente dal dottore Greco sono in contrasto con i pareri espressi in precedenza dai suoi colleghi e anche dall’Ordine regionale dei Medici e mi sembra che abbiano la funzione di calmierare le situazioni in Campania. Non vorrei, però, che le calmierasse troppo, dal momento che mi sembra un po’ strano che si venga a dire che nei rifiuti solidi urbani ci si può anche tuffare, anche se ciò potrà andare forse bene nella prossima estate, allorché piuttosto che tuffarci a mare ci tufferemo nei rifiuti. Il problema è che si mescola anche una serie di fenomenologie collaterali, come, ad esempio, l’incremento della popolazione dei ratti, un fatto non giustificato, altrimenti ci tufferemo non soltanto tra i rifiuti, ma anche tra i topi. Le malattie che possono portare i topi sono abbastanza note in medicina. Quindi, scherzare su questa fenomenologia, secondo me, è un po’ esagerato.
Come si può uscire, secondo lei, dall’emergenza?
Se ne può uscire ricominciando tutto daccapo, in una maniera razionale, concreta e rapida. Innanzitutto, questa ricerca affannosa dei siti deve terminare, perché non può essere tutto giustificato dalla mancanza e dalla corsa ai siti. Bisogna individuarli con una razionalità , nell’ambito del territorio regionale, ed è un lavoro che può essere svolto rapidamente. L’approntamento dei siti può durare una trentina-quarantina di giorni. La problematica è un’altra, però, ovvero la necessità di iniziare tutto dal principio, cioè da cosa non ha funzionato di questo piano dei Commissari straordinari di Governo. La differenziata, che è il punto iniziale, non è mai partita, soprattutto nella provincia di Napoli, ed occorre che parta. In Campania esistono industrie avanzatissime, che sono in grado di lavorare tutti i materiali recuperati. Gli impianti di CDR non funzionano e sono stati sbagliati, per cui bisogna o eliminarli o ricostruirli. Il compostaggio dell’umido non viene operato, per cui c’è bisogno di attivarlo. Non funzionano neanche gli impianti terminali di trattamento dei residui della differenziata. C’è, poi la questione termovalorizzatore, ma la questione è un’altra: in Campania il termovalorizzatore non esiste. Quello di Acerra, che doveva essere terminato anni e anni fa, perdura ancora e non è stato completato. Funzionerà questo termovalorizzatore? Ai posteri l’ardua sentenza. Per il momento, il presidente Bassolino, proprio in questi giorni, ha inserito nel gruppo di tecnici che si è messo a disposizione Ganapini, il presidente di un’associazione ambientalista (Greenpeace, ndr) che non vuole sul campo i termovalorizzatori. E’ strano che si chiami in giunta come assessore all’Ambiente un personaggio del genere, che non vuole i termovalorizzatori, quando stiamo facendo una discussione sull’accelerare la conclusione del termovalorizzatore. Ho un dubbio, a questo punto: ma siamo sicuri che il termovalorizzatore funzionerà ? Oppure siamo sulla strada di un non funzionamento? Sarebbe un altro sperpero di denaro pubblico, immenso, e il non funzionamento del termovalorizzatore di Acerra costituirebbe uno schiaffo di livello mondiale.
Il messaggio lanciato dal Professor De’ Medici è, dunque, molto chiaro. Le politiche di emergenza, portate avanti in questi anni, sono state un autentico fallimento. Le amministrazioni locale e nazionale hanno, di fatto, rallentato, se non addirittura bloccato, quelle iniziative che avrebbero permesso una soluzione in tempi senz’altro più brevi della crisi. Lo spazio e le modalità di intervento ci sono, evidentemente, ma è chiaro che la crisi non si potrà risolvere semplicemente ammassando rifiuti in qualche discarica mal individuata, con il rischio di compromettere l’ambiente locale mediante inquinamento di terreni e falde acquifere. E’ necessaria un’azione congiunta di fattori molteplici, dalla differenziata ad adeguate strutture di smaltimento, senza i quali le possibilità di “tuffarci nei rifiuti†nei prossimi mesi estivi diventeranno assolutamente concrete.
Il professore Giovan Battista De’ Medici è professore di Geologia applicata e Idrologia all’Università degli Studi di Napoli “Federico IIâ€. Ha ricoperto anche il ruolo di Professore di Pianificazione e Configurazione del Territorio presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasaâ€. Attualmente è impegnato con Le Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia nel dibattito sull’emergenza rifiuti in Campania.