Un approccio sereno al tema della sessualità rappresenta un’utopia per molte persone, complici retaggi culturali e pudori che non di rado affondano le radici in considerazioni etiche tanto personali quanto legate al contesto sociale e familiare nonchè nella paura di esporsi. Ne consegue uno stato di disagio di sottofondo che accompagna chi da un lato vorrebbe sapere e chi dall’altro vorrebbe dare chiarimenti. Se poi sul piatto della bilancia affianchiamo alla sessualità la disabilità, la problematica si fa ancora più spinosa.
Di sesso e disabili si parla tantissimo e paradossalmente pochissimo. Nonostante l’attenzione alla tematica sia molto alta, l’informazione veicolata è spesso distorta o sommaria. Discuterne è imbarazzante, per alcuni addirittura sconveniente, come se i disabili fossero asessuati o peggio ancora incapaci di sentimenti maturi. La stessa posizione della chiesa, unita a quelle delle famiglie che difficilmente lasciano far esperienze ai propri figli, rendono la situazione controversa.
Nella nostra società, gli atteggiamenti maggiormente diffusi comportano la negazione della sessualità del disabile e, in altri casi, una considerazione della stessa come qualcosa di aberrante e fuori luogo. Il pregiudizio la fa da padrone, soprattutto nella misura in cui l’obiettivo fondamentale nei confronti di un disabile, quello di renderlo il più possibile autonomo, viene vanificato allorquando si traduce in un taglio netto del diritto alla sessualità.
In vista del convegno “Autismo, disabilità e sessualità”, abbiamo affrontato l’argomento con la dott.ssa Pina Mattiello, Presidente dell’Associazione Nazionale Aperta/MENTE IL MONDO INTERNO Onlus e la dott.ssa Daniela Della Porta, socio fondatore e componente del Direttivo.
Perché molte persone fanno fatica a pensare che un disabile possa provare degli impulsi sessuali e perché c’è ancora tutta questa reticenza a parlare di una problematica così forte?
Perché il disabile è tuttora considerato rispetto al suo handicap e non rispetto alle sue abilità, per questo si insiste sul discorso del diversamente abile, ovvero su colui che ha delle abilità e che utilizza strategie alternative per raggiungere degli obiettivi o esprimere e realizzare se stesso. Ciò vuol dire che ha gli stessi bisogni pertanto gli stessi diritti dei normodotati. Non a caso la piramide dei bisogni di Maslow mette la sessualità nei bisogni fisiologici alla base di tutti gli altri. Essi sono pertanto bisogni innati ed appartengono a tutti gli esseri viventi, dunque agli uomini, indipendentemente dalla loro “disabilità”.
Ad aprile è stato presentato un disegno di legge per introdurre, in Italia, la professione di assistente sessuale (cfr. Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità), una figura che tra l’altro in Paesi come Germania, Olanda, Danimarca, Austria, Svizzera esiste già da tempo. Cosa comporta un’assistenza sessuale per disabili? Quali sono gli interventi sul piano fisico e su quello psicologico?
L’assistenza alla sessualità a persone con disabilità significa appunto permettere al disabile di accedere al “diritto alla salute e al benessere psicofisico e sessuale”. È un’assistenza che abbraccia la complessità del mondo interno del disabile, quindi un sostegno all’espressione della sua emotività, affettività, corporeità e sessualità. L’assistente sessuale è un operatore professionale (uomo o donna) con una formazione specifica in psicofisiologia e sessuologia. Quindi nella maniera più assoluta non si parla di “prostituzione”: i diversamente abili vengono seguiti da professionisti seri, sottoposti a controlli sanitari e soprattutto al rispetto di un codice deontologico.
In che modo la famiglia di un disabile può accompagnarlo nel difficile periodo di passaggio dell’adolescenza, con tutti i cambiamenti fisici, psicologici e emotivi che riguardano anche la sfera sessuale?
La famiglia ha un ruolo fondamentale nel sostegno dell’autostima e nello sviluppo armonico del disabile. In primo luogo non deve negare a se stessa e al proprio figlio l’esistenza di questo tipo di bisogno e di pulsioni innate. Non vivere poi con la vergogna per il pregiudizio, lo stigma e chiedere aiuto a specialisti per un sostegno psicologico a se stessi e al disabile per raggiungere un’adeguata consapevolezza. Infine il terapeuta dovrà orientare la famiglia e il soggetto verso soluzioni più adeguate, tra le quali una potrebbe essere quella dell’assistente sessuale. Sicuramente l’espressione della sessualità, come del resto vale per ognuno di noi, deve essere contestualizzata, e non espressa in luoghi non adatti e in momenti inopportuni. Per questo sono importanti la consapevolezza e l’educazione.
Non di rado si sente parlare di abusi sessuali perpetrati ai danni di disabili, di cui si sfrutta la particolare vulnerabilità. Cosa si può fare in tal senso?
Bisogna parlarne di più, denunciare e diffondere la conoscenza e la cultura su un argomento così delicato. Per questo, iniziative come il convegno che io Pina Mattiello, in qualità di Presidente e genitore di un “Uomo di 28 anni” autistico insieme al direttivo dell’Associazione Nazionale Aperta/MENTE IL MONDO INTERNO onlus , composto dal Responsabile scientifico, la dott.ssa Daniela Della Porta, psicoterapeuta, il Dott. Domenico Murlo, genitore di un bambino autistico e biologo, Bianca Pirolli, insegnante e mamma di un ragazzo autistico e il nostro tecnico informatico R. Romano, abbiamo voluto promuovere con tutte le nostre forze, si devono diffondere sul territorio nazionale e superare le resistenze anche di chi non vive in prima persona la disabilità. Ci auspichiamo infatti che questo sia solo il primo di una serie di incontri sul tema.
AUTISMO, DISABILITÀ E SESSUALITÀ:
Diritti, Bisogni e Sviluppi Sociali
13 Settembre 2014, ore 8,30 – 18.00
Auditorium P.P.Pasolini,
Via F. Coppi, Casalnuovo di Napoli (NA)
Qui tutti i dettagli:
http://www.amicoautismo.it/convegno/