Il diritto di cittadinanza italiana e la sua acquisizione da parte degli stranieri è sempre stato motivo di dibattito e di contrapposizione nel nostro Paese. Ora il nodo dello Ius scholae sta tornando al pettine perché il Parlamento deve esaminare e decidere su questa opzione che ha sempre diviso le forze politiche e l’opinione pubblica.
In vista della discussione in Aula alla Camera sulla proposta di legge che modifica le norme sulla cittadinanza italiana, attualmente all’esame della Commissione Affari Costituzionali tante parti sociali hanno lanciato un appello alla responsabilità dei deputati e dei senatori perché si giunga senza ulteriori indugi all’approvazione della legge entro questa legislatura.
La richiesta è chiara: riformare la legge 91/92 sulla cittadinanza affinché da privilegio diventi diritto. Un appello che si è levato forte anche dal Festival della Partecipazione. Chiuso domenica a Bologna e a cui hanno preso parte 131 panelist, 60 associazioni e circa 850 partecipanti in presenza. Numeri che testimoniano l’importanza, a livello nazionale, della partecipazione come strumento indispensabile per la salute della democrazia e la libertà. In un momento in cui guerra e pandemia, tendono a restringere gli spazi democratici e ad aumentare i livelli di disuguaglianza sociale.
Ieri a pochi passi da Montecitorio, in piazza Capranica a Roma, il flashmob “Italia, ti aspettiamo all’altare” organizzato dalla Rete per la riforma della cittadinanza: la celebrazione di un matrimonio, dell’unionetra l’Italia e oltre un milione di giovani ancora senza cittadinanza.
Ius scholae: una vicenda spinosa ma una questione di civiltà
Secondo i dati relativi all’anno scolastico 2019/2020 frequentano le scuole italiane più di 877mila alunni con cittadinanza non italiana. Quasi 20mila in più rispetto all’anno scolastico precedente, che rappresentano il 10,3% del totale degli iscritti nelle scuole italiane. Il 57,4% di loro, presenti nel sistema di istruzione, si concentra nel primo ciclo. Dopo una fase di rallentamento, negli ultimi quattro anni scolastici (dal 2016/2017) il numero di alunni con cittadinanza non italiana ha ripreso a crescere. Diminuiscono gli studenti italiani.
Ada Ugo Abara – attivista
“Ancora una volta l’Italia delle Istituzioni si è fatta attendere. Ora inizia la votazione in aula e non sappiamo ancora se il provvedimento avrà la maggioranza. Quello che sappiamo invece è che l’Italia delle persone è pienamente a favore di una riforma come lo Ius Scholae e anche dello stesso diritto di cittadinanza per nascita, come dimostra il sondaggio di Youtrend/Quorum per ActionAid, che indica che 6 italiani su 10 vogliono la riforma, anche tra chi vota partiti di centro destra”.
Bisogna porre all’attenzione del Paese le criticità dello status quo e per mostrare le alternative possibili e concrete, a partire dal tema della cittadinanza e dall’urgenza di estenderla oltre lo ius sanguinis, riformando finalmente la legge sulla cittadinanza italiana.
Quanto fatto non basta ora bisogna dare una svolta sullo ius scholae
L’attuale legge sulla cittadinanza del 1992 di regola non prevede che le bambine e i bambini figli di genitori stranieri, nati in Italia o giunti nel nostro Paese, possano acquisire la cittadinanza italiana prima della maggiore età. Questo significa – per bambini e bambine – dover vivere gli anni decisivi della crescita condividendo con i compagni di scuola tutti gli interessi, le passioni e l’attaccamento alla propria comunità locale senza essere considerati “italiani” a tutti gli effetti, a causa di una legge ormai superata nei fatti.
Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-EU di Save the Children.
“Assicurare che si sentano pienamente cittadini della comunità in cui crescono è fondamentale per garantire ai bambini e alle bambine – oggi stranieri solo per le anagrafi – una piena condivisione dei diritti e delle opportunità dei loro coetanei. La discussione del disegno di legge di modifica alle norme sulla cittadinanza in Parlamento è una occasione che non può essere mancata”.
La maggioranza degli studenti con origine migratoria si concentra nelle regioni settentrionali (65,3%), seguono le regioni del Centro (22,2%) e del Mezzogiorno (12,5%). La Lombardia è, da sempre, la prima regione per numero di alunni stranieri con oltre 224mila presenze (25,6% delle presenze totali in Italia). La provincia italiana con il più alto numero di alunni stranieri è Milano (quasi 80mila), seguita da quelle di Roma (più di 64mila) e di Torino (quasi 40mila).
Non si tratta di guardare più alla futura Italia, questo Paese è già abbondantemente multietnico, bisogna normare bene quella che è già la realtà.