Workaholics, così sono stati battezzati dagli anglosassoni i dipendenti dal lavoro. Tutti con le stesse caratteristiche: perfezionisti all’ennesima potenza, impegnati a lavorare anche durante le pause, sempre disponibili a rimandare impegni familiari o a ridurre il proprio tempo libero in nome dell’impegno lavorativo del momento e, dulcis in fundo, afflitti dai sensi di colpa se non dediti alla mansione nonché sempre connessi tramite smartphone.
Dare il meglio di sé nel lavoro aiuta a fortificare la propria autostima, non si discute, permette di ottenere promozioni e riconoscimento delle proprie capacità, tuttavia, come ogni esagerazione, anche questa ha i suoi risvolti patologici. Come sempre a pagarne il prezzo sono la famiglia, i figli, gli amici, insomma, tutta la sfera privata del lavoratore inevitabilmente posta in fondo alla lista delle priorità. Il disturbo riguarda tutte le professioni indipendentemente dal ruolo svolto. La tecnologia, sicuramente, non aiuta; essere sempre pronti, connessi, on line, innesca un meccanismo di euforia, onnipotenza e onnipresenza che rinforza la già consolidata dipendenza dal lavoro.
Questa sudditanza psicologica, conosciuta anche come “dipendenza pulita”, a differenza di altre insane abitudini, non è scoraggiata dal contesto sociale ed economico che, potremmo dire, ne trae vantaggio. Il Workaholic si sente un gran lavoratore, dedito e appassionato alla propria mansione, un uomo “che fa la cosa giusta” che “apporta il suo prezioso contributo”. Si, perché, altra caratteristica che accomuna chi soffre di questa dipendenza è proprio la convinzione di rappresentare un tassello imprescindibile della catena produttiva.
Pare che la “New Addiction” nasca da problemi interiori che portano l’individuo a far sì che questi prendano la forma del lavoro. Il soggetto sente il bisogno di affermarsi e dominare il proprio lavoro poiché si sente inadeguato nella vita di tutti i giorni nella quale non domina affatto. Problema sottovalutato, non ha generato letteratura medica sufficiente per formalizzare dei numeri al riguardo, tuttavia, i pochi studi condotti lo avvicinano molto alla dipendenza dal gioco d’azzardo che in media riguarda fra l’uno e il tre per cento della popolazione.
Chi manifesta il disturbo si riconosce dall’atteggiamento di onnipotenza e rigidità nella vita privata, mette in secondo piano affetti e tempo libero in funzione del lavoro arrivando a mentire sul modo in cui trascorre la giornata. Proprio per questo alcuni workaholics, creano dei rituali familiari, come il giorno della gita in barca o del pic nic per dimostrare a chi li circonda che la propria esistenza non ruota unicamente intorno al lavoro.
Lo stile di vita e i ritmi di chi soffre del disturbo diventano imprescindibili dall’attività professionale, che scandisce, come un puntuale metronomo, i tempi privati del lavoratore.
Si è consapevoli di trascurare i propri affetti, ma i sensi di colpa si vivono in silenzio senza mai far trapelare nulla sino a giungere a sentimenti di disprezzo verso chi si dedica ad attività che non siano lavorative. Questi, i sintomi di una dipendenza di tipo blando mentre chi è già in dipendenza critica può addirittura entrare in stati di depressione cronica e somatizzare il problema attraverso la comparsa di ulcere e stati d’ ansia permanenti che necessitano l’intervento medico.
Nella fase critica si passa dall’atteggiamento di disprezzo per chi non si dedica alla professione svolta 24 ore su 24 all’aggressività, questo, soprattutto verso i colleghi che non sembrano non agire “da buon lavoratore”.
Ammesso che il paziente accetti la propria dipendenza, la terapia è delicata e dalle molte sfaccettature. E’ necessaria, innanzitutto, una terapia individuale per prendere consapevolezza del problema e agire su quelle sfere della vita personale che generano senso di inadeguatezza. Successivamente si deve intraprendere una terapia di coppia per ricucire rapporti deteriorati dall’atteggiamento del paziente e, non ultima, una terapia di gruppo per confrontarsi con gli altri. E’ importante, infine, che il workaholic venga reinserito gradualmente all’attività lavorativa in modo da non esserne nuovamente sopraffatto.