Le banche italiane continuano a soffrire. Figuriamoci noi poveri contribuenti. Prosegue, infatti, in base alle stime e “agli stress test” di settembre a cura della Banca d’Italia, il trend di rallentamento di credito bancario e dei prestiti al settore privato (-2,3%). Sul fronte della raccolta bancaria accelera la crescita dei depositi del settore privato (+3,6%) sempre sui dodici mesi, dopo il +3,1% di agosto.
Più che dilungarci sul mero dato tecnico cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando. Cosa significa che le banche soffrono? Bisogna ragionare in termini semplici. Vista la crisi attuale, sempre meno banche finanziano le imprese: queste, poiché devono fare i conti con un’elevata imposizione fiscale e un elevato costo del lavoro (uno tra i più alti in Europa)non reggono certo alla pressione: più le imprese falliscono e peggio le banche stanno. È un circolo vizioso che ahimè si autoalimenta. Già nel 2010 Visco avvertiva che si sarebbero dovuti individuare con maggiore efficienza i crediti anomali e soprattutto tagliare i costi, stipendi e personale in primis, per recuperare redditività. Possibile che il nostro stia divenendo il Paese dei licenziati più che degli occupati? Altre soluzioni? Ricreare la fiducia. Come? Rimettendo in moto la macchina dei consumi, investendo nello sviluppo. È quello che sta tentando di fare il nostro premier con lo Sblocca Italia.
L’esame della tendenza o trend (la direzione lungo la quale si muove il grafico delle quotazioni di un bene finanziario come moneta,azioni ecc…), delle principali voci di bilancio bancario desta un po’ di preoccupazione, anche perché la Bce non è la Federal Reserve, si sa. Nel dettaglio, i prestiti alle famiglie sono calati al ritmo di 0,6% dopo la variazione negativa di agosto , mentre quelli alle imprese sono scesi del 3,3% dopo il -3,8% di agosto. È affidabile la stima di Bankitalia? Diciamo ciò che è sindacabile è se quanto affermato ci chiarisca o meno il contesto economico attuale della zona euro.
Le principali critiche degli osservatori, infatti, sono state mosse a questi test perché a loro giudizio non hanno preso in considerazione la vera grande minaccia che incombe sulla zona euro, quale quella della disinflazione e la deflazione. Mentre quest’ultima è la diminuzione del livello generale dei prezzi che deriva dalla debolezza della domanda di beni e servizi (consumatori e aziende, in regime di deflazione, sono incentivati a posporre gli acquisti di beni e servizi non indispensabili, con l’aspettativa di ulteriori cali dei prezzi, con l’effetto di innescare una spirale negativa), la disinflazione ci dice che il tasso di inflazione sta rallentando. Ora l’Eba, l’associazione bancaria europea, ha ipotizzato che l’inflazione attuale dell’1,1% del 2014 passi allo 0,6% nel 2015 e a 0 nel 2016: un fattore minimizzato dagli osservatori, visto l’aumento dell’inflazione nella zona euro a ottobre (+0,4% rispetto al +0,1% italiano). Inoltre
questi stress test sono arrivati un po’ tardi nell’ottica di rilanciare i prestiti. E poi siamo sicuri ci siano le condizioni per un aumento della domanda di nuovi finanziamenti ? In un momento di incertezza quale quello attuale, non possiamo certo aspettarci che aumentino i prestiti da parte di famiglie e imprese.
11 Novembre 2014
DIMINUISCONO I PRESTITI E AUMENTANO I RISPARMI
Scritto da Claudio Talone
Le stime di Bankitalia parlano chiaro: a settembre i prestiti delle banche al settore privato sono diminuiti del 2,3% mentre i risparmi in termini di tasso di crescita annuale dei depositi del settore privato sono aumentati del 3,6%.