Il dialogo tra genitori e figli è un elemento tutt’altro che scontato nelle famiglie di oggi. Secondo l’indagine del Centro Nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, pubblicata nel Febbraio 2022, l’88% degli adolescenti intervistati afferma di sentirsi solo, mentre il 31% afferma di non sentirsi ascoltato in famiglia. Eppure il dialogo è fondamentale per i figli soprattutto nei momenti in cui si trovano ad affrontare cambiamenti importanti. Tappe obbligate che, se non vissute con il supporto dei propri genitori, possono generare ansia e insicurezza.
Parentsmile è una piattaforma per il supporto e il benessere a domicilio di tutta la famiglia. Attraverso semplici passaggi, assicura l’assistenza di diverse figure professionali, dal logopedista allo psicoterapeuta, dal nutrizionista alla baby sitter. Maria Chiara Iannelli, pedagogista per Parentsmile specializzata nei disturbi dell’apprendimento e nell’età evolutiva, ci ha illustrato le dinamiche delicate che animano le famiglie di oggi.
Dottoressa Iannelli, cosa rende difficile il dialogo tra genitori e figli in un’epoca come quella attuale?
Sicuramente quello di oggi, non è lo stesso rapporto genitoriale che si poteva analizzare nei decenni passati. L’antropologia è cambiata e le dinamiche sono rivoluzionate. In una società della performance e della velocità in svariati campi sociali, anche il dialogo tra genitori e figli diviene complicato, talvolta difficile, altre volte sillabico. Soprattutto quando di fronte a noi abbiamo l’adolescente.
Da professionista direi che la velocità è ciò che rende appunto difficile, il dialogo. Proprio perché per tale rapidità relazionale, tendiamo “ad essere di fretta” mentre il dialogo, soprattutto il dialogo emotivo merita la calma, l’intimità, la presenza reale dei corpi che si confrontano. Talvolta diamo per scontato l’importanza di fermarci e dialogare con i figli, rigettando tale possibilità nel tempo che rimane, dopo altre mille cose che trovano più urgenza.
Su quali tematiche cala maggiormente il silenzio tra genitori e figli?
Non ci sono tematiche cardine e generali nelle quali la famiglia ha una chiusura maggiore nei confronti del figlio, perché quando si parla di famiglie bisogna essere sempre molto relativi. Penso però che ogni tematica sia difficile da affrontare, per via delle parole e dei messaggi da veicolare, per la diversa sensibilità di ognuno nel recepire e accettare. Attualmente, nella pratica professionale sto denotando una grande necessità familiare, cioè quella di conservare la casa come “nido” confortevole e a-valutativo e richiedere l’aiuto ai professionisti (pedagogisti e psicologi nello specifico) per fare “il lavoro sporco”, quello che di solito è il dialogo di mediazione, il parlare di temi sociali, il confronto sui bisogni e desideri dell’adolescente.
Come se, il genitore non sia capace o veda nei professionisti spiccate qualità e doti nel dialogo, che lui non possiede. Ebbene, ciò è vero ma fino ad un certo punto. Il genitore è la spalla migliore per affrontare tutte le tematiche adolescenziali, da quelle più ostiche a quelle più frivole.
Prendiamo in considerazione una famiglia in cui non si dialoga e che vuole cambiare rotta: quale strategia suggerisce per rompere il ghiaccio?
Se il problema è l’assenza di dialogo e vi è consapevolezza di averle “provate tutte” allora l’aiuto di un mediatore, in questo caso il pedagogista, può davvero consigliare la strategia migliore per affrontare periodo di chiusura o inibizione nella relazione. Ci tengo a sottolineare tuttavia che attorno ai 12 anni inizia una generale chiusura nei confronti dei genitori che è naturale, fisiologica e aggiungo anche positiva per la creazione di quel distacco dalla parte infantile della vita alla fase adolescenziale. Insomma, qualche chiusura è più che legittima. Se invece il silenzio diviene ostacolo insuperabile, l’aiuto di un pedagogista sarà prezioso, per valutare e promuovere dinamiche educative diverse.
Cosa rende un genitore autorevole?
Il genitore autorevole è un genitore che rende le dinamiche educative, generative. Spiegandomi meglio, il genitore capace (quindi autorevole) non è un genitore autoritario, scambiare i due aggettivi può essere deleterio alla relazione. Il genitore autorevole non è un amico ma sa essere complice. È autorevole il genitore che lascia spazio all’autonomia senza sovrapporsi. Un genitore che non ha paura di dare regole concepite CON e non solo per l’adolescente. È appunto un genitore che crea dinamiche democratiche, che sappiano dare spazio di manovra libera, sapendo dialogare e mediare quando la fiducia viene meno, anche imponendo limiti se serve.