L’IDF (International Diabetes Federation) rappresenta gli interessi del crescente numero di persone con diabete e quelli a rischio, guidando la comunità mondiale del diabete, 200 associazioni nazionali in 160 paesi, dal 1950. Da sempre i due intenti primari sono l’informazione e la sensibilizzazione su questa diffusissima patologia che spesso non è oggetto delle dovute attenzioni da parte di chi ne è affetto.
Dall’ultimo rapporto dell’IDF, il Diabetes Atlas 2014, emerge una situazione mondiale preoccupante, ma è la proiezione relativa alla situazione tra 20 anni che desta il maggiore allarme. Si parla di quasi un miliardo di malati complessivi, tra casi di diabete e casi di pre-diabete: 592 milioni di persone si ammaleranno, mentre ulteriori 316 milioni di persone sono attualmente ad alto rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Ciò che aggrava ulteriormente la pandemia è che in gran parte del mondo, la patologia rimane nascosta.
In Italia Il diabete è una delle principali cause di morbilità, tra le prime per cecità, insufficienza renale e cardiopatia ischemica. I soggetti più interessati hanno un’età al di sotto dei sessant’anni ed i paesi più coinvolti sono quelli a basso e medio reddito, con una maggiore incidenza nel Sud. Ogni anno muoiono di diabete 27mila persone tra i 20 e gli 80 anni. Si assiste inoltre ad una riduzione delle aspettative di vita di 5-10 anni ed alla presenza di stati complementari ed invalidanti (maggiore predisposizione ad infarti, ictus, insufficienza renale e probabilità altissime di dialisi). L’altro dato degno di nota riguarda gli elevati costi sanitari: in Italia al diabete è destinato annualmente il 10% della spesa sanitaria totale (oltre 10 miliardi di euro). Le cause principali di malattia sono da ricercare nelle abitudini alimentari sbagliate, nella scarsa attività fisica, nella vita sedentaria e nell’obesità (non a caso si parla spesso di diabesità).
Il nostro Paese, che può fregiarsi di essere stata la prima al mondo ad avere una legge dedicata al diabete (legge 115/87 Disposizioni per la prevenzione e la cura del diabete mellito), è all’avanguardia nella gestione della patologia, ma in molte regioni l’accesso alle cure non è ottimizzato per cui il paziente stenta ad imboccare un percorso terapeutico idoneo. Il “Piano Nazionale per la malattia diabetica” (reperibile qui) rappresenta in tal senso un validissimo punto di riferimento: leggerlo con criterio e fare proprie le informazioni contenute è un grande passo in direzione di azioni di prevenzione e cura che tutti i responsabili coinvolti si augurano vengano attivate ad ogni livello, a partire dalle generazioni più giovani che corrono il rischio di pagare lo scotto più grande.
Nel documento viene fatta una ricca descrizione del diabete mellito (definizione, classificazione, epidemiologia, costi); vengono chiariti le strategie e gli obiettivi generali; specificate le modalità di assistenza alle persone malate; illustrate le aree di miglioramento dell’assistenza diabetologica in Italia (educazione terapeutica, terapia farmacologica, uso appropriato delle tecnologie, ecc…). La linea che lega i vari punti del Piano è quella della prevenzione costante: bisogna migliorare il proprio stile di vita, mai dimenticando che il diabete non colpisce solo gli adulti, ma anche anziani e bambini. In merito a questi ultimi, si invita, non appena si osservino sintomi sospetti (rapida perdita di peso, sete e stimolo a urinare frequenti), a misurare la glicemia al bambino. Questo permetterà di intervenire in modo psicologicamente e fisiologicamente ottimale e prevenire complicanze acute come la chetoacidosi.