Un’ironia tutta partenopea
Delirio di Vincenzo de Lillo, edito da Biplane e illustrato da Niccolò Pizzorno, è un romanzo che non può non mettervi di buon umore. E’ raro che nella nostra libreria ci siano libri umoristici. Se ne abbiamo è solo perché siamo amanti del genere. Ed è un peccato, perché una buona narrativa umoristica regala momenti di puro piacere, che fanno bene alla mente e all’anima. Dovremmo iniziare a leggerli con costanza, come si fa con l’assunzione di un buon integratore. Ad intervalli regolari.
Vincenzo de Lillo è uno scrittore emergente e Delirio è il suo primo romanzo. Tutte le avventure vissute dal protagonista, Vittorio Valeria Vlad (“V”), strappano, come solo un napoletano sa fare, continue risate. Un umorismo che si arricchisce di “sfumature” tipiche del dialetto partenopeo, tutto sommato accessibile più o meno a tutti (con le dovute eccezioni. Vai a spiegare ad un milanese, il concetto di cazzima…).
Delirio è la storia di un adolescente, figlio di papà, pieno di soldi, cresciuto a champagne e ignoranza, che si trova all’improvviso senza un soldo e con il rifocillatore ufficiale (il padre), “permanentemente non disponibile”, così come il denaro che non vuole più saperne di uscire dal bancomat. Con l’aiuto di una vecchia fiamma, Vittorio Valeria Vlad (“V”), arriva a Roma alla ricerca di un lavoro, dribblando i suoi inseguitori (personaggi della malavita con cui ha un sacco di debiti e che Vincenzo de Lillo riduce, con una eccezionale ironia, a poco più di cartoni animati).
Abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere con Vincenzo de Lillo, che, anche in questo caso, parlando di alcuni aspetti del suo romanzo, è riuscito a strapparci un sorriso!
Delirio di Vincenzo de Lillo
Lei è uno scrittore esordiente e Delirio è il suo primo romanzo. E’ stato davvero solo il tempo libero a farle scoprire la scrittura oppure è una passione che già coltivava?
La passione per la scrittura l’ho sempre avuta, a dire la verità. Solo che fino alla stesura di Delirio mi ero limitato a piccoli aneddoti, raccontini ironici della mia vita che facevo leggere ai miei familiari, o liste della spesa un po’ più articolate del dovuto. Il tempo libero che ho avuto a cavallo tra gennaio e settembre 2016, ahimé per un improvviso licenziamento, mi ha dato la possibilità di scrivere un racconto un po’ più lungo che alla fine è diventato un romanzo
Il protagonista del suo romanzo, Vittorio Valeria Vlad (“V”) è un personaggio completamente “fuori di testa” che si infila nelle situazioni più assurde. A chi si è ispirato per il suo protagonista? Ad una persona realmente conosciuta oppure al prototipo dei fannulloni “con i soldi”?
Il protagonista è la copia abbastanza fedele, seppur romanzata e tramutata in una buffa maschera, di un fannullone con i soldi che ho davvero conosciuto. Le situazioni assurde in cui si trova a barcamenarsi invece, le ho inventate io per metterlo in difficoltà, perché magro, con i capelli e pieno di soldi avuti senza faticare, mi era cordialmente antipatico.
Ecco, l’ho detto.
In Delirio lei affronta la questione della genitorialità. Vittorio Valeria Vlad (“V”) da questo punto di vista non è stato fortunato. Il padre di Vlad rispecchia molti genitori moderni, lontani e assenti. Quando ha iniziato a delineare le caratteristiche di questo personaggio, su cosa ha lavorato principalmente?
Quando ho pensato al rapporto V di con il padre per portare avanti ‘intreccio narrativo, ho messo in scena l’esatto contrario di quello che ho vissuto io, quello che cerco di stabilire con i miei figli tutti i giorni e che ritengo sia la strada giusta per creare persone coscienziose e responsabili. Presenza, regole, partecipazione e affetto, per sommi capi. Certo, malgrado ciò, la natura beffarda potrebbe far venir comunque fuori un essere come me, ma si sa, non tutti i casatielli riescono col buco.
Come mai si è rivolto al genere umoristico? Per distinguersi dall’ormai “moda” dei gialli tra gli scrittori emergenti o per altro?
Per un motivo tanto semplice quanto banale: non so fare altro. Non ho una sensibilità tale da scrivere un romance o un romanzo introspettivo; mi vergognerei a scrivere un testo erotico; non ho la cultura adatta per metter giù un romanzo storico e non mi viene nulla di
thriller o giallo, anche a sforzarmi. Sarei attratto più dall’horror, ma non riesco a scrivere nulla di forte con la stessa verve del testo ironico, pur avendoci provato e provandoci
continuamente. Questione di sensibilità, insomma.
Il suo romanzo umoristico vuole lasciare un messaggio al lettore oppure è stato realizzato per puro diletto?
No, no, per carità, nessun messaggio, per lo meno non volutamente. Scrivo per ridere e far ridere, anche se, poiché nella scrittura c’è sempre qualcosa di sè, qualche messaggio lo si trova sempre, come quello della genitorialità su citato.
Che progetti ha per il futuro? Ha deciso di diventare uno scrittore di professione?
Per il futuro ho in cantiere un altro romanzo, forse due, e una serie di racconti da raccogliere in un’antologia. Diventare uno scrittore di professione? Eh, beh sarebbe fantastico…Chi non sogna di campare di ciò che ama, di ciò che crea come un appassionato artigiano?
Ma per farlo ci vuole, oltre ad una originale produzione letteraria, anche un pò di cu…fortuna, volevo dire fortuna. Nel frattempo, da napoletano assai scaramantico, faccio dei non nobilissimi gesti apotropaici.