Dei delitti e delle pene 2023. Le carceri italiane rappresentano da tempo una questione complessa e delicata, caratterizzata da problemi strutturali e criticità che pongono sfide significative al sistema penitenziario del paese. Ne abbiamo parlato in modo approfondito con Samuele Ciambriello, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale per la Regione Campania.
Chi è Samuele Ciambriello?
Il dr. Samuele Ciambriello è il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale per la Regione Campania. È stato nominato con decreto del presidente della Giunta Regionale n. 41 del 25 settembre 2017 su designazione del Consiglio regionale nella seduta del 12 settembre 2017 come risulta dall’attestato n. 454/1, pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione Campania n. 69 del 18 settembre 2017.
Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale nell’ambito del territorio della Regione, contribuisce a garantire i diritti delle persone ristrette negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni nonché delle persone ammesse a misure alternative, delle persone presenti nelle strutture sanitarie in quanto sottoposte al trattamento sanitario obbligatorio, delle persone ospiti dei centri di prima accoglienza o presenti nei centri di identificazione ed espulsione per stranieri.
Il rapporto sulla situazione nelle carceri italiane 2022, redatto dal Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, che scenario disegna del nostro sistema penitenziario?
«Siamo davanti ad un sistema penitenziario che ha clamorosamente fallito, non affatto in grado di assolvere alla sua principale funzione: rieducare. Mancano figure specializzate, assistenza sanitaria, supporto psicologico. Il carcere continua ad essere inteso come un contenitore nel quale chiudere il marciume della società. È chiaro che le condizioni sono diverse, con una gravità che oscilla dal più al meno grave, ma tutte le diverse realtà italiane sono accomunate da malfunzionamento nel processo risocializzante, abbandono dei ristretti, di cui spesso non si comprendono le difficoltà psichiche e, di conseguenza, i campanelli di allarme che anticipano i folli gesti»
Quali sono i problemi più cocenti che affliggono le carceri campane ed in cosa differiscono da quelli del Paese?
«In parte l’ho già accennato: dal sovraffollamento alla mancanza di adeguata assistenza medica e sanitaria. Credo sia necessario ripensare, ridisegnare le figure cardine: devono essere incrementate, devono essere formate. E queste sono scelte il cui impulso deve partire dalla politica»
Suicidi in carcere, un fenomeno ‘sociale’ come lo affrontate?
«Resta il fenomeno che ci lascia inermi. Spesso questi si verificano al primo ingresso e in prossimità della scarcerazione. Sono diversi i motivi che portano a pensare e inscenare un gesto così terribile, ma sicuramente tra questi c’è l’incertezza del futuro e un forte senso di abbandono. Davanti ai numeri dei suicidi in carcere tutti dobbiamo fermarci a riflettere: siamo tutti corresponsabili»
Certezza della pena e finalità riabilitative come si possono coniugare? L’azione del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale quale può essere in quest’ambito
«La nostra Costituzione parla chiaro: la pena deve tendere alla rieducazione, senza chiaramente escludere che questa sia anche retributiva. Innanzitutto, bisognerebbe invocare pene proporzionate e questo perché se la pena viene avvertita come giusta dal condannato il processo di rieducazione è certamente più semplice. E in questo processo siamo coinvolti tutti: istituzioni penitenziarie, magistratura, garante delle persone private della libertà personale. Il mio Ufficio cerca di contribuire alla risocializzazione offrendo possibilità, in termini di progetti che vanno dai lavori di pubblica utilità ai corsi di formazione»
Parliamo della recente proposta da parte del Governo Meloni di abolire il reato di tortura. Come viene affrontata la questione? Quali sarebbero le conseguenze nel caso in cui questo reato venisse eliminato?
«Faremmo un notevole salto indietro. Lascio stare le chiacchiere e, piuttosto, invoco una decisione che rispetti uno Stato di diritto. A me pare che Nordio abbia rassicurato che il delitto di tortura non verrà abolito, ma restano troppi interrogativi e anche la sola possibilità che questo accento di terrorizza»
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