La morte del motociclista (che “ricorda” quella del pilota di Moto 3 Dupasquier) Dean Berta Vinales riapre il discorso sulla sicurezza in pista, sui rischi del pilota professionista e se sia giusto mettere in sella ad una moto da gara ragazzi così giovani.
Dean Berta Vinales, la dinamica della morte del motociclista spagnolo
L’incidente mortale è avvenuto durate la prima prova del campionato WorldSSP300. Il tutto nasce da una caduta collettiva che all’undicesimo giro ha visto coinvolti Dean Berta Viñales (Viñales Racing Team), Harry Khouri (Fusport – RT Motorsports by SKM – Kawasaki), Daniel Mogeda (Team#109 Kawasaki) e Alejandro Carrion (Kawasaki GP Project).
Lo spagnolo è stato colpito ed è rimasto a terra, la gara è stata immediatamente fermata con bandiera rossa per consentire i soccorsi. Le vetture mediche sono arrivate immediatamente e lo hanno assistito in pista, all’interno dell’ambulanza e poi al centro medico, ma le lesioni riportate alla testa e al torace erano troppo gravi: alle 15.10 è arrivata la notizia che nessuno voleva ascoltare.
In gara troppo presto?
Questa è la domanda che un po’ tutti si stanno ponendo in questo momento insieme a quella sul bisogno di misure di sicurezza migliori per proteggere i piloti in pista. Una domanda che porta a riflette e per alcuni a prendere decisioni molto forti. E’ il caso di Michel Fabrizio, 37enne pilota italiano e Campione Europeo Superstock 1000 nel 2003, che dopo il mortale incidente di Vinales ha comunicato il suo ritiro dalle corse su Instagram.
“Sono sdraiato da cinque ore sul mio letto guardando il soffitto, ripensando ai momenti belli che questo sport mi ha dato. Ma rientrando alle gare dopo sei anni mi sono reso conto di quanto sia cambiato l’ambiente. Ho visto indifferenza da parte della federazione internazionale: schierare 42 bambini nella Yamaha Cup (fortunatamente è filato tutto liscio, nel 2021) e altri 42 nel Mondiale 300. Troppi, troppi piloti con poca o addirittura pochissima esperienza – racconta il 37enne- e questo non succede solo nel Mondiale, ma anche in campionati nazionali, dove per fare cassa si prende tutto, fino all’ultimo posto disponibile”.
La sicurezza in Formula 1
Il ritiro di Fabrizio apre nuovi spunti di riflessione anche sulla già citata questione sicurezza. L’ex pilota è andato a sottolineare come i colleghi di Formula 1 abbiano nel corso degli anni sviluppato nuove misure di sicurezza per salvaguardare la vita dei piloti:
“Il problema c’è nella Moto3, nella Talent Cup e nei campionati nazionali. Oltre a ciò vanno riviste anche le piste che devono prevedere spazi di fuga migliori. È ora che intervenga la politica di ogni nazione. Il primo che lanciò un messaggio forte fu Ayrton Senna, che disse come alcune piste fossero pericolose, e solo dopo la sua morte si intervenne. A oggi nella F1 ci sono meno morti, invece nel motociclismo ultimamente c’è un’ecatombe”.