Negli ultimi anni nel Bel Paese si è spesso cercato di abbassare i costi della gestione della macchina amministrativa statale, ma tutte le proposte avanzate, che venissero dall’opposizione o dalla coalizione di governo, sono sempre state sistematicamente messe da parte. La volontà di cambiare, di dare il buon esempio, del resto, non è mai stata una prerogativa dei politici italiani, ma la legge n. 56 del 7 aprile 2014, e quindi approvata dal governo Renzi, sembra finalmente remare nel giusto senso. Questa riforma prevede un totale cambiamento in materia di enti locali, prevedendo la creazione delle città metropolitane, ridefinendo il sistema delle provincie e introducendo dei nuovi parametri per quanto riguarda la fusione dei comuni.
Il provvedimento individua in primis 9 città metropolitane, Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Palermo e Reggio Calabria. A questo gruppo di città va aggiunto il territorio della città metropolitana di Roma Capitale. C’è da fare però subito chiarezza, il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia omonima, ed è prevista la possibilità di passaggi di singoli comuni da una provincia limitrofa all’altra.
La città Metropolitana avrà poi i suoi organi amministrativi, il sindaco Metropolitano, il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana, tutti incarichi svolti a titolo gratuito. Cerchiamo di capire che ruoli hanno però questi organi nel nuovo organigramma amministrativo che la riforma intende creare. Il sindaco metropolitano sarà il sindaco del comune capoluogo, il consiglio metropolitano sarà composto dal sindaco stesso e da un numero variabile di consiglieri, da un minino di 14 ad un massimo di 24 rimarrà in carica per 5 anni e sarà l’organo elettivo di secondo grado. Lo statuto prevede comunque l’elezione diretta a suffragio universale del sindaco e del consiglio stesso nelle città metropolitane con più di 3 milioni di abitanti o in zone dotate di autonomia amministrativa.
La conferenza metropolitana invece sarà composta dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei comuni che rientrano nell’area, e avrà potere consultivo per l’approvazione dei bilanci oltre al compito di adozione dello statuto. Lo statuto disciplina il provvedimento e definirà i rapporti tra i comuni organizzando le funzioni metropolitane e quelle comunali.
La nuova riforma conferisce alle città metropolitane diverse funzioni e prerogative, alcune retaggio delle funzioni fondamentali delle vecchie province altre invece proprie e nuove. La città metropolitana avrà quindi il compito di creare un piano strategico metropolitano, organizzare la generale pianificazione territoriale, compreso i servizi pubblici, di mantenere a livelli accettabili la viabilità e la mobilità e coordinare lo sviluppo economico e sociale dell’area. Altre funzioni possono poi essere attribuite alle città metropolitane, ma solo dallo stato o dalle regioni.
La prima applicazione del provvedimento è delineata da un procedimento al quanto lineare. Le città metropolitane infatti verranno istituite quando entrerà in vigore la legge nel territorio dell’omonima provincia. L’unica eccezione riguarda Reggio Calabria, bisognerà aspettare infatti che venga prima sciolto il comune per procedere all’istituzione del provvedimento nel capoluogo calabrese. Entro il 31 dicembre 2014 tutte le aree interessate dalla riforma dovranno fornire un proprio statuto, che sarà il frutto di una conferenza statutaria presieduta dal sindaco della città metropolitana stessa. Il presidente provinciale e della giunta poi rimarranno in carica fino al 31 dicembre 2014. Le elezioni dei consigli metropolitani si dovranno tenere entro il 30 settembre di quest’anno ma evidentemente qualcosa ha rallentato le votazioni in Campania che avranno luogo il 12 ottobre e per la quale sono già state presentate 5 liste. I sindaci dei 91 comuni del napoletano saranno quindi chiamati a scegliere la composizione del consiglio metropolitano che guiderà la città partenopea e tutta la sua provincia per i prossimi 5 anni.
La riforma approvata nei mesi scorsi entrerà in vigore dal prossimo anno e sarà quello il banco di prova di una legge che ha tutti i presupposti di cambiare il volto amministrativo d’Italia, che deve fare i conti con il passato così da poter guardare al futuro. Si incontreranno difficoltà e forse alcuni aspetti potranno essere cambiati nei prossimi mesi, ma solo l’applicazione e l’entrata in vigore di questa legge potrà veramente provare quanto essa stessa possa rendere la vita degli italiani migliore.
Il provvedimento individua in primis 9 città metropolitane, Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Palermo e Reggio Calabria. A questo gruppo di città va aggiunto il territorio della città metropolitana di Roma Capitale. C’è da fare però subito chiarezza, il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia omonima, ed è prevista la possibilità di passaggi di singoli comuni da una provincia limitrofa all’altra.
La città Metropolitana avrà poi i suoi organi amministrativi, il sindaco Metropolitano, il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana, tutti incarichi svolti a titolo gratuito. Cerchiamo di capire che ruoli hanno però questi organi nel nuovo organigramma amministrativo che la riforma intende creare. Il sindaco metropolitano sarà il sindaco del comune capoluogo, il consiglio metropolitano sarà composto dal sindaco stesso e da un numero variabile di consiglieri, da un minino di 14 ad un massimo di 24 rimarrà in carica per 5 anni e sarà l’organo elettivo di secondo grado. Lo statuto prevede comunque l’elezione diretta a suffragio universale del sindaco e del consiglio stesso nelle città metropolitane con più di 3 milioni di abitanti o in zone dotate di autonomia amministrativa.
La conferenza metropolitana invece sarà composta dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei comuni che rientrano nell’area, e avrà potere consultivo per l’approvazione dei bilanci oltre al compito di adozione dello statuto. Lo statuto disciplina il provvedimento e definirà i rapporti tra i comuni organizzando le funzioni metropolitane e quelle comunali.
La nuova riforma conferisce alle città metropolitane diverse funzioni e prerogative, alcune retaggio delle funzioni fondamentali delle vecchie province altre invece proprie e nuove. La città metropolitana avrà quindi il compito di creare un piano strategico metropolitano, organizzare la generale pianificazione territoriale, compreso i servizi pubblici, di mantenere a livelli accettabili la viabilità e la mobilità e coordinare lo sviluppo economico e sociale dell’area. Altre funzioni possono poi essere attribuite alle città metropolitane, ma solo dallo stato o dalle regioni.
La prima applicazione del provvedimento è delineata da un procedimento al quanto lineare. Le città metropolitane infatti verranno istituite quando entrerà in vigore la legge nel territorio dell’omonima provincia. L’unica eccezione riguarda Reggio Calabria, bisognerà aspettare infatti che venga prima sciolto il comune per procedere all’istituzione del provvedimento nel capoluogo calabrese. Entro il 31 dicembre 2014 tutte le aree interessate dalla riforma dovranno fornire un proprio statuto, che sarà il frutto di una conferenza statutaria presieduta dal sindaco della città metropolitana stessa. Il presidente provinciale e della giunta poi rimarranno in carica fino al 31 dicembre 2014. Le elezioni dei consigli metropolitani si dovranno tenere entro il 30 settembre di quest’anno ma evidentemente qualcosa ha rallentato le votazioni in Campania che avranno luogo il 12 ottobre e per la quale sono già state presentate 5 liste. I sindaci dei 91 comuni del napoletano saranno quindi chiamati a scegliere la composizione del consiglio metropolitano che guiderà la città partenopea e tutta la sua provincia per i prossimi 5 anni.
La riforma approvata nei mesi scorsi entrerà in vigore dal prossimo anno e sarà quello il banco di prova di una legge che ha tutti i presupposti di cambiare il volto amministrativo d’Italia, che deve fare i conti con il passato così da poter guardare al futuro. Si incontreranno difficoltà e forse alcuni aspetti potranno essere cambiati nei prossimi mesi, ma solo l’applicazione e l’entrata in vigore di questa legge potrà veramente provare quanto essa stessa possa rendere la vita degli italiani migliore.