Dal vino zuccherato a quello annacquato, dal vino in polvere a quello alla frutta ma anche il finto rosato o le imitazioni delle denominazioni più note Sono solo alcuni dei trucchi consentiti all’estero e smascherati dalla Coldiretti.
Si tratta di pratiche che in Italia sarebbero punite anche come reato di frode ma che all’estero sono invece permesse con evidente contraddizione favorita dall’estensione della produzione a territori non sempre vocati e senza una radicata cultura enologica che con la globalizzazione degli scambi colpisce direttamente anche i consumatori di Paesi con una storia del vino millenaria. Sono infatti aumentate dell’8% le bottiglie straniere di vino e spumante stappate in Italia per un totale di 32,7 milioni di chili nel 2017.
Lo zuccheraggio del vino è ad esempio permesso nell’Unione Europea ad eccezione di Italia Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta e in alcune aree della Francia che rappresentano pero’ circa l’80% della produzione comunitaria.
Negli Stati Uniti, invece al contrario è addirittura consentita l’aggiunta di acqua al mosto per diminuire la percentuale di zuccheri secondo una pratica considerata una vera e propria adulterazione in Italia. Miscele di vini da tavola bianchi e rossi per produrre un “finto rosè” vietate in Europa sono possibili invece in Nuova Zelanda e in Australia. L’Unione Europea però ha dato il via libera al vino senza uva con l’autorizzazione alla produzione e commercializzazioni di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes molto diffusi nei Paesi dell’Est.
L’ultima frontiera dell’inganno è nella commercializzazione molto diffusa, dal Canada agli Stati Uniti fino ad alcuni Paesi dell’Unione Europea, di kit fai da te che promettono il miracolo di ottenere in casa il meglio della produzione enologica Made in Italy, dai vini ai formaggi. Si tratta di confezioni che grazie a polveri miracolose promettono in pochi giorni di ottenere le etichette piu’ prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Lambrusco o Montepulciano. Il problema non è legato solo all’utilizzo delle pregiate denominazioni del Belpaese poiché in base alla normativa europea del vino, non è possibile aggiungere acqua nel vino o nei mosti. La definizione europea del vino non contempla l’aggiunta di acqua e soprattutto per questo il commercio dei wine kit su tutto il territorio europeo andrebbe vietato. Il Consorzio di tutela Vino Chianti ha recentemente denunciato come la contraffazione corra sempre più online ed in sei mesi è stata accertata la presenza e la vendita di 39 “kit vino” che millantano la possibilità, appunto, di preparare il Chianti fai da te.
Un mercato molto florido per internet dove i rischi riguardano l’utilizzo delle stesse o simili denominazioni o simili per indicare prodotti molto diversi. Dal Bordolino argentino nella versione bianco e rosso con tanto di bandiera tricolore al Kressecco tedesco, ma ci sono anche il Barbera bianco prodotto in Romania e il Chianti fatto in California, il Marsala sudamericano e quello statunitense tra le contraffazioni e imitazioni dei nostri vini e liquori piu’ prestigiosi che complessivamente provocano perdite stimabili in oltre un miliardo di euro sui mercati mondiali alle produzioni Made in Italy.