Dal time-lapse allo slow-motion: Il fashion system vede nella crisi l’opportunità di rallentare.
Dal time-lapse allo slow-motion, passando per un fermo immagine: Quello delle grandi città deserte, delle saracinesche abbassate o delle code infinite al supermercato con le mani sudate nei guanti di lattice. In questi scenari da film che difficilmente dimenticheremo, le strategie del fashion ai tempi del Covid-19 hanno scelto di prendere forme completamente differenti.
C’è chi ha deciso di puntare sulla responsabilità sociale, trasformando i centri di produzione in laboratori per la realizzazione di mascherine protettive o effettuando donazioni.
C’è chi ha scelto di mantenere un basso profilo, nel tentativo di non ferire la sensibilità del consumatore con richieste d’attenzione superflue, in un momento così delicato.
Al contrario, c’è chi ha cercato di raggiungere la propria clientela attraverso tutti i touchpoints liberi dalle restrizioni, al fine di non spezzare il legame di fidelizzazione, soprattutto on-line.
Alcuni imprenditori, tuttavia, hanno visto nella crisi un’opportunità in termini più ampi, strutturale per meglio dire, come quella di un ritorno allo slow fashion. Sorge il desiderio di restituire valore al lavoro delle filiere (supply chain) e al processo creativo, reso ormai meccanico e sterile dai ritmi affannosi con cui si era arrivati a dover produrre.
A tal proposito risulta emblematica la lettera aperta, scritta da Giorgio Armani al magazine WWD, in cui il celebre stilista recita:
“Il lusso non può e non deve essere fast. Non ha senso che una mia giacca o un mio tailleur vivano in negozio per tre settimane prima di diventare obsoleti […]. Io non lavoro così, e trovo immorale farlo“.
Il cosiddetto brand reloading quindi, ad oggi, prende le sembianze del brand slowing.
Vale a dire la necessità di rallentare per riscoprire i bisogni radicali come l’introspezione, la convivialità, l’amore, l’amicizia (A. Heller. “La filosofia radicale”, Il Saggiatore, 1979), la cui natura non è quantitativa, bensì qualitativa.
Dove ciò che conta non è la loro estensione, bensì la loro profondità.
Ed è proprio a questo tipo di riflessione che ci hanno sottoposto questi giorni in cui la realtà ci è parsa quasi aumentata, e ci si è trovati, sovente, col disagio di non saperla più riempire. Il tutto a dispetto dei ritmi forsennati a cui eravamo abituati quando, invece, la percezione della quotidianità ci appariva quasi ridotta ai minimi termini.
Questo lascia intendere perché tra le nuove strategie del fashion ai tempi del Covid-19-, si stia facendo strada il bisogno di un ritorno alle origini. L’obiettivo è quello di trasformare i concetti di lentezza, cura, e autenticità (F. Cassano, Il Pensiero Meridiano, Laterza 1996), in un vantaggio competitivo per i nuovi scenari socio-economici del settore del lusso post-pandemia.