Lo sviluppo della ricerca e delle alte tecnologie realizzato dall’INGV trova applicazione anche in molte altre branche della ricerca scientifica. È il caso dello studio “Pipeline for Advanced Contrast Enhancement (PACE) of Chest X-ray in Evaluating COVID-19 Patients by Combining Bidimensional Empirical Mode Decomposition and Contrast Limited Adaptive Histogram Equalization (CLAHE)” recentemente pubblicato sulla rivista ‘Sustainability’ di MDPI, condotto in collaborazione con l’Università di Messina e l’Università di Catania, per lo sviluppo di un applicativo software chiamato “PACE” prodotto per offrire un importantissimo supporto ai radiologi nella diagnosi e nella cura delle patologie polmonari gravi come quelle causate dal COVID-19.
Infatti, è venuta in aiuto alla diagnostica per immagini applicata ai pazienti affetti da patologie polmonari quella normalmente utilizzata dall’INGV per caratterizzare lo “stato di salute” della crosta terrestre.
“L’analogia tra l’interno della Terra e interno dei polmoni può apparire alquanto audace”, afferma Massimo Chiappini, ricercatore dell’INGV e coautore dell’iniziativa. “Tuttavia questa ricerca nasce proprio dall’intuizione di utilizzare su immagini mediche le stesse tecniche di trattamento delle immagini che utilizziamo normalmente per la rappresentazione del sottosuolo nelle aree soggette a rischio sismico, vulcanico o ambientale”.
È noto infatti che per i pazienti affetti da gravi patologie polmonari come, negli ultimi tempi il COVID-19, la valutazione radiologica di lesioni polmonari è indispensabile sia per il monitoraggio dell’evoluzione della malattia sia per valutare la risposta alle specifiche terapie. Tuttavia, quest’attività è resa complessa dal fatto che i pazienti, specialmente nelle fasi acute della malattia, non sono collaborativi e/o si trovano in terapia intensiva. In tali situazioni, inoltre, i radiogrammi sono effettuati spesso con strumenti radiografici portatili che, spesso, producono immagini artefatte che ne riducono la leggibilità.
Pertanto, il software PACE, sviluppato dal team multidisciplinare dei ricercatori dell’INGV, dell’Università di Messina (guidato dal prof. Giovanni Finocchio del Dipartimento di Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra (MIFT) e dal prof. Giuseppe Cicero del Dipartimento di Scienze biomediche, odontoiatriche e delle immagini morfologiche e funzionali) e dell’Università di Catania (guidato dai proff.i Giulio Siracusano e Aurelio La Corte), è stato ideato per risolvere questi problemi di rappresentazione grafica ottimizzando al massimo il contrasto delle immagini radiografiche del torace.
Ad oggi, vista l’urgenza, i medici l’hanno applicato alle immagini raccolte sui pazienti COVID-19 del Policlinico Universitario “G. Martino” di Messina: con PACE è migliorata significativamente la lettura del radiogramma da parte del radiologo. L’algoritmo, infatti, combina lo stato dell’arte di applicativi numerici di elaborazione delle immagini, quali la decomposizione empirica bi-dimensionale, il filtro omomorfico e l’equalizzazione adattiva dell’istogramma in modo opportuno.
“Dal punto di vista clinico” – afferma il prof. Gaeta del Dipartimento di Scienze biomediche, odontoiatriche e delle immagini morfologiche e funzionali dell’Ateneo di Messina, “è stato fondamentale verificare che le informazioni aggiuntive prodotte da PACE fossero reali. Per far questo, sono state effettuate e confrontate congiuntamente le radiografie del torace e quelle delle TAC tradizionali: il grande successo è stato quello di verificare che le lesioni aggiuntive che il software PACE rilevava nelle semplici immagini radiografiche fossero tutte confermate dalle TAC”.
“La ricaduta del software ideato da INGV e dalle Università siciliane è rilevantissima in ambito sociale” afferma Massimo Chiappini. “Tra i vantaggi, infatti, oltre la evidente riduzione dei costi e di tempi derivante dalla non indispensabilità dei macchinari per la TAC per avere identici risultati diagnostici utili, con l’uso di PACE è sufficiente effettuare un solo intervento sul paziente per l’esame radiografico con un minor rischio di diffusione di malattie virali anche tra gli operatori sanitari come nel caso del COVID-19. Inoltre, questa tecnologia offre la possibilità di applicarla anche in condizioni limite dove l’accesso alla diagnostica TAC non è agevole sia per l’alto numero di degenti interessati sia per i costi della macchina stessa che, nelle aree economicamente poco sviluppate, quali l’Africa ed il Sud America, rappresenta una strumentazione proibitiva”.
Dato l’alto interesse riscontrato in ambito medico, tutti i risultati della ricerca sono a stati messi a disposizione della comunità scientifica liberamente.