Prende il via “Daìmon: A scuola per restare”: una scuola che non terminerà mai: itinerante, multidisciplinare, inclusiva, gratuita e accessibile a grandi e piccini; senza porte e finestre, senza pagelle e attestati, senza compiti e calendari da rispettare; con luoghi di apprendimento disseminati nei campi, nelle cantine e nelle botteghe, diffusa nei paesi e nei paesaggi d’Italia. Una scuola adatta a chi vorrà abitare poeticamente e civicamente i propri territori e a chi vorrà conferire pienezza al proprio re-stare.
Praticheremo l’arte socratica della maieutica, ovvero impareremo a ‘partorire’, grazie agli stimoli – dote in senso lato- degli incontri, risposte, strumenti e soluzioni che ci appartengono ma che abbiamo disarmato.
Impareremo dunque a ri-scoprire i nostri luoghi madre, a stimolare e supportare gli enti pubblici e privati locali e internazionali; ci sensibilizzeremo alla cittadinanza attiva glocale; ci dis-educheremo all’abbandono e impareremo l’arte della cura: delle radici e dei fiori.
Da decenni l’Italia è vittima del calo demografico e dello spopolamento per abbandono volontario o forzato da parte dei suoi abitanti. Ma è in atto anche una migrazione interna che, come una bussola, è pressoché unidirezionale e riguarda uno spostamento massivo di cittadini dalle regioni del Sud a quelle del Nord Italia.
Interi paesi sono diventati – o stanno diventando – borghi fantasma, mentre le città medio-grandi si apprestano a diventare metropoli prive di spazio vitale.
È fondamentale preservare il patrimonio culturale e naturale dei piccoli centri, per tutelarne la produzione agricola, culturale ed enogastronomica: per tutelarne le connotazioni identitarie.
A partire da queste osservazioni, l’antropologo calabrese Vito Teti ha coniato il concetto di “restanza”, un rimando alle parole “erranza” e “lontananza”. Non pigrizia, né per così dire “resistenza passiva” o tantomeno rassegnata: bensì un atteggiamento attivo e propositivo, da praticare nella quotidianità: lavorando a una ridefinizione continua dell’ambiente, recuperando e rigenerando il paesaggio in relazione alla presenza dell’uomo, in piena armonia.
I paesi rappresentano una grande risorsa e una grande opportunità.
Non sono un residuato del passato o un’eredità di un “piccolo mondo antico” avulso dal presente. Anzi, i piccoli comuni possono essere un luogo dove si possono sperimentare politiche innovative dal punto di vista civico, sociale ed economico, dove si possono costruire nuove relazioni con i luoghi e le comunità, dove si può (e si deve) parlare di futuro.
Di sicuro il futuro dell’umanità sarà ancora costituito da cammini e spostamenti. L’etica della restanza non promette una rivoluzione, ma indica la strada per costruire avamposti contro l’impoverimento culturale e per erigere zone di accoglienza verticale e orizzontale – caminetti o luoghi di ristoro – da offrire ai viandanti: indica la strada per creare rete, scambio di saperi, cor.rispondenze e quindi arricchimento.
Ed è proprio questo che la scuola chiede in luogo di una quota di partecipazione: un baratto in sapere, manufatti, tempo, ospitalità, prodotti o edificanti segreti per una restanza felice.
P.S. Abbiamo scelto di dare alla nostra scuola il nome Daìmon, dal lessico del sentire greco. Era lo spirito guida che accompagnava gli eroi greci a compiere il loro destino, a realizzare pienamente la loro individualità, il loro essere eccezione; nel caso di Antigone era Filía: Amore.
Daìmon era ed è il nostro demone: lo sguardo interiore che porta al riconoscimento; viatico e volano per la realizzazione della nostra pienezza. I segni di daìmon poi sono gli stessi che definiscono (con l’aggiunta di una congiunzione) la parola diaméno, che in greco classico significa restare.