Nella Sala delle Colonne della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (Roma, Viale delle Belle Arti 131), lo scultore Nicola Carrino, il critico e storico dell’arte, Presidente della Fondazione “Alberto Burri” Bruno Corà, lo storico dell’arte e curatore di “ALIAS” (supplemento domenicale de “Il Manifesto”) Federico De Melis, presentano la monografia dedicata a SALVATORE CUSCHERA da SilvanaEditoriale per le cure di Giuseppe Appella.
Il volume ripercorre 26 anni del lavoro di Cuschera (Scarlino di Grosseto, 1958), dal momento del suo arrivo a Milano per frequentare il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti di Brera, allievo di Elisabetta Fermani, Tommaso Trini e Grazia Varisco, alla residenza londinese, iniziata nel 2012, all’Emerson College, avendo a fianco Rudolf Kaesbach e Fritz Manburg. Qui riattiva una vecchia fucina da fabbro e realizza lavori in ferro che alterna al legno e al gesso. Spesso sono materiali di recupero, antichi pezzi di cancellate, chiodi e ferri abbandonati da secoli, che espone in una serie di mostre in vari spazi londinesi, riscuotendo l’interesse di Ian Rosenfeld.
Scultori come Pietro Consagra, Gio e Arnaldo Pomodoro, Salvatore Scarpitta, e la migliore critica d’arte, da Tommaso Trini a Lea Vergine, Francesco Tedeschi, Guido Ballo, James Harithas, Fabrizio D’Amico, Flaminio Gualdoni, Luciano Caramel, Marco Meneguzzo, Maurizio Calvesi, Giovanni Carandente, Arturo Carlo Quintavalle, Gillo Dorfles, Claudio Cerritelli, Luigi Sansone, hanno seguito e incoraggiato l’opera di Cuschera che, con una semplificazione radicale di linee sempre più ardite e inusuali, ha capito che l’arte può avere un proprio linguaggio di forme che corrispondono a una realtà “altra”, ma non meno rivelatrice dell’essenza della natura, e che la schematizzazione di queste forme può essere totale.
Anche attraverso l’irruzione delle tecnologie elettro-magnetiche e di una qualità architettonica cresciuta insieme a Chillida e a Serra, a Caro e a Smith, alla scultura dell’Africa Nera, assimilando la grande potenza espressiva dei creatori di sculture in legno, al punto di arrivare a recitare con le forme come noi recitiamo con le parole. Nella consapevolezza di questa visione rigeneratrice nascono Bamiyan (2002), gli otto elementi che compongono Sciamani d’Occidente e Sciamani d’oriente (2003), Auriga (2005), Fiore del mali e Fantasma (2006), oggi in collezioni pubbliche e private.
Molte, nel corso degli anni, le mostre personali, in Italia e all’estero, e le partecipazioni di rilievo di Cuschera, a partire dall’Atelier del Mediterraneo (Gibellina, 1991) con Markus Lupertz, a cura di Achille Bonito Oliva. Tra le ultime: “BNL: una Banca per l’arte oltre il mecenatismo” (Roma, 2000), il “Premio Internazionale di Scultura della Regione Piemonte” (Torino, 2002) vinto con l’opera Omaggio a Elisabetta Fermani, “Nella Materia. Dal Futurismo a Kiefer alfabeti nell’arte del Novecento. Da Burri a Kounellis, metalli e ossidazioni” (Milano, 2003), “XIV Esposizione Quadriennale d’Arte di Roma 2003-2005” (Torino, 2004), “Posizioni attuali dell’arte italiana” (Göppingen, 2005), “La scultura italiana del XX secolo” (Milano, 2005), “Mythos. Miti e archetipi nel mare della conoscenza” (Atene, 2006), “Sculture nella città. Progetti per Milano” (Milano, 2009), “La scultura italiana del XXI secolo” (Milano, 2010), “LIV Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia” – Giardini dell’Arsenale (Venezia, 2011), “Donazioni. I Percorsi della creatività dal Novecento al nuovo Millennio” (Chiasso, 2016). “Exsperience Day initiative on 3 June” (Forest Row, Sussex, 2017).