Cure mediche: sempre più italiani vi rinunciano. A diffondere questo dato allarmante è l’ultimo report dell’Istat. Il fenomeno non è nuovo per gli addetti ai lavori ed è in continua crescita soprattutto dopo la pandemia da Covid. Difficoltà economiche e di accesso alle cure sono i motivi principali.
Il sondaggio BES dell’Istat
L’Istat ha recentemente pubblicato l’indagine “Benessere equo e sostenibile” (BES) relativamente al 2023. L’indagine viene svolta in un campione rappresentativo della popolazione e abbraccia diversi ambiti: l’istruzione, il lavoro, la sicurezza e la sanità.
Quanto alla Sanità, il sondaggio ha fatto emergere che, nel 2023, 4,5 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi. L’Istituto di statistica stima che il numero delle persone che ha rinunciato ad affidarsi a cure mediche sia aumentato di 372mila unità rispetto al 2022. In percentuale si è passati dal 7% al 7,6% della popolazione. Il 4,5% della popolazione ha rinunciato a curarsi per le lunghe liste d’attesa, mentre il 4,2% per questioni economiche. Il numero delle persone che rinuncia per i tempi lunghi è raddoppiato rispetto al 2019.
Cure mediche: perché gli italiani vi rinunciano
Vediamo nello specifico quali sono i motivi per i quali i tempi di attesa per una prestazione medica si sono così allungati. Il motivo principale sta nell’organizzazione regionale della sanità che si traduce in un trattamento non paritario tra le diverse regioni d’Italia. L’organizzazione delle strutture ospedaliere è così labile che anche il più piccolo intoppo provoca rallentamenti dell’intero sistema. Da non sottovalutare la differenza tra l’alta richiesta di prestazioni mediche e il basso numero di prestazioni disponibili nelle strutture pubbliche.
La situazione migliora quando parliamo, invece, di strutture private accreditate dal SSN. Strutture, in cui, si può usufruire di una prestazione medica pagando semplicemente il ticket. Tali strutture, che avendo un’organizzazione più flessibile riescono a gestire un numero superiore di prestazioni, rappresentano un costo per il SSN che rimborsa loro la differenza tra il ticket pagato dal paziente e l’effettivo costo della prestazione.
Il dato che emerge è che a due anni dalla fine della pandemia, il sistema sanitario nazionale non si è ancora ripreso. Molte delle prestazioni interrotte per fare spazio alle terapie anti Covid non sono state ripristinate e gli ospedali faticano a riorganizzarsi anche per una sensibile mancanza di medici.
Chi si cura di meno e dove
Osservando la platea dei pazienti per fascia d’età, possiamo osservare che il tasso di rinuncia è minimo (1,3%) nella fascia d’età fino a 13 anni. La fascia d’età in cui il fenomeno della rinuncia alle cure è più elevata (11,1%) è quella che va dai 55 ai 59 anni. Proseguendo, la fascia d’età dai 75 anni in su registra una rinuncia del 9,8%. Facendo un discorso di genere, il tasso di rinuncia è del 9% tra le donne e del 6,2% tra gli uomini.
Le regioni in cui si rinuncia maggiormente alle cure sono: Sardegna, Lazio e Marche. A metà classifica si posizionano Veneto, Calabria e Lombardia, mentre le ultime posizioni sono occupate rispettivamente da Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia.
In copertina foto di Myriams-Fotos da Pixabay