Curdi venduti alla Turchia per Finlandia e Svezia, questa la sintesi dell’accordo raggiunto con Erdogan da Stoltenberg. Quattro ore di trattative per decidere di barattare la vita di 33 esponenti del Pkk che verranno consegnati nelle mani di chi li definisce terroristi e li manderà a morte. L’annessione della Finlandia e della Svezia alla NATO si fonda su questo scambio inumano. Deciso da quelle che allegramente, faticosamente e con enorme forzatura, definiamo diplomazie hanno appena firmato.
Il messaggio è: i curdi non contano nulla, sono carne da macello. Merce che può essere scambiata per assecondare i voleri/capricci di un ‘capo di stato’. Quello stesso che da anni vuole apertamente la sparizione di quell’etnia nel suo Paese.
Diamo continuamente armi all’Ucraina per combattere un despota e non battiamo ciglio. Non solo nel non aiutiamo la lotta curda. Neppure quella palestinese, in verità. Tanto per rincarare la dose e parlare di Paesi sovrani invasi da terzi. Addirittura ne facciamo merce di scambio barattando posizioni geopolitiche con le vite umane.
Siamo, noi, molto meglio dei despoti?
Curdi e palestinesi: la coscienza sporca dell’occidente
Quanto sta accadendo oggi non è affatto qualcosa che matura da un giorno all’altro. La questione curda e quella palestinese sono accomunate da un destino davvero infausto ma tutto disegnato fuori da quei Paesi. La diaspora di queste due etnie inizia molto in là nella storia. Se quella palestinese può datarsi (anche se in maniera arbitraria ma abbastanza riconosciuta) nel 1947 con la triste risoluzione 181 dell’ONU. Quella curda risale al più lontano 1920 in seguito al Trattato di Sevres che arriva dopo la disgregazione dell’Impero Ottomano.
Da queste date questi due popoli sembrano godere di alcun diritto di nessun genere riconosciuto a livello internazionale. Gli uni (palestinesi) ridotti sempre più ,come gli indiani di America, dagli israeliani in quel lembo di terra che oggi è divenuta Gaza. Gli altri (curdi) dispersi volontariamente per il mondo cacciati dal Kurdistan e costretti a riparare ora qui ora li negli stati limitrofi subendo la caccia da parte soprattutto dei turchi.
Nulla è mai stato fatto a livello internazionale per cercare di affrontare queste problematiche che, guarda caso, interessano in maniera diretta e/o indiretta gli Stati Uniti sempre attenti alle composizioni geopolitiche di aree da tenere sotto influenza diretta o delegata. Finora, però, tutto si era limitato ad omissioni e sviste ora, invece, si opera attivamente e deliberatamente a detrimento di un popolo o di un’etnia ritenuta da loro solo una sorta di danno collaterale.
L’appiattimento europeo fa paura
Quello che esce da questa storia terribile è l’appiattimento informe dell’Europa sulle posizioni atlantiste senza neppure la lontana idea di poter proporre una propria via alla risoluzione della controversia russa-ucraina. Si sacrifica tutto sull’altare di quell’allargamento della NATO ad est che finora era stato sempre criticato come frutto della retorica di Putin. Ora quella retorica diventa realtà e non si può che restare sbigottiti dalla pervicacia con cui ogni disegno di pace non viene nemmeno preso in considerazione ma, anzi, si fa di tutto per portare l’asticella dell’astio sempre un poco più su.
La NATO, ovviamente quando si dice NATO s’intende il suo maggior azionista a stelle e strisce, detta le regole della guerra e si è passati dall’assunto del ‘trovare una soluzione di pace‘ a ‘l’Ucraina deve vincere la guerra‘ o comunque ‘Putin non deve vincere‘ di cui sono intrisi tutti i discorsi che promanano dall’istituzione europea.
Che si fa?
Si continua a inviare armi in sovrabbondanza a quelle richieste dal governo ucraino. S’irrigidisce lo status di guerra con insulse sanzioni di “tafazziana memoria” che ritornano come boomerang dritte dritte sulle economie europee. Si allargano i confini della NATO e si danno le chiavi della mediazione diplomatica con una mano ad Erdogan e con l’altra mano gli si porgono prigionieri politici da mandare a morte.
Il sacrosanto diritto dell’Ucraina di difendersi dall’aggressione è diventata una partita di Risiko dove le pedine sono umane, però. Il tributo di sangue che il popolo ucraino sta versando è anch’esso da considerare un danno collaterale? Una voce autorevole che si alzi e prenda per le orecchie tutti gli attori internazionali esiste ancora oppure rimane ormai solo una pia illusione?