Un primo sguardo nei profondi recessi del Cosmo. Intento a spiare i luoghi di nascita della maggior parte delle stelle conosciute. Grazie ai sofisticati occhi dei radiotelescopi Very Large Array (VLA), nel New Mexico e Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), nel deserto cileno. Un network – rispettivamente, di 27 e 66 antenne paraboliche – che ha permesso ai radioastronomi di spingersi fino alle galassie più lontane, andando indietro nel tempo di circa dieci miliardi di anni.
Un tempo in cui l’Universo era molto prolifico. È nata allora, infatti, la maggior parte delle stelle attuali. I risultati di queste osservazioni sono stati pubblicati su The Astrophysical Journal.
“Sapevamo che le galassie a quel tempo stavano generando un gran numero di stelle, ma finora non eravamo mai riusciti a osservare il loro aspetto, perché avvolte in una fitta nebbia di polveri interstellari”, spiega Wiphu Rujopakam, coordinatore del team di ricerca.
Le onde radio, a differenza della luce visibile, riescono, però, ad attraversare questa fitta coltre di polveri. Ecco perché gli astronomi hanno adoperato i radiotelescopi, osservando ad esempio anche il cosiddetto Hubble Ultra Deep Field, una piccola fetta di spazio studiata da Hubble nel 2003-2004, che rappresenta la più profonda immagine dell’Universo mai raccolta nello spettro del visibile.
Le osservazioni hanno permesso di chiarire alcuni aspetti poco noti sui meccanismi di formazione delle stelle. I radioastronomi hanno, ad esempio, scoperto che l’intensa formazione stellare avviene dappertutto nelle galassie più lontane e vecchie, a differenza di quelle più giovani, con tassi di formazione stellari simili, nelle quali, però, il processo è circoscritto a regioni più piccole.
“Il VLA ci ha mostrato dove stava avvenendo la nascita delle stelle, mentre ALMA ci ha indicato i gas freddi, che rappresentano il combustibile della formazione stellare”, sottolinea Kristina Nyland, del National Radio Astronomy Observatory (NRAO), di cui fanno parte VLA e ALMA.
Si tratta, secondo gli autori, delle osservazioni più sensibili ottenute finora. “Se prendessimo un telefonino, che trasmette un debole segnale radio, e lo collocassimo ai confini del Sistema Solare – conclude Preshanth Jagannathan, sempre in forze al NRAO -, il suo segnale sarebbe approssimativamente forte come quello che abbiamo rivelato da queste galassie lontane”.