Un italiano spreca mediamente 149 Kg di cibo all’anno, un greco circa 44Kg e un olandese addirittura 579 Kg. Quasi un Italiano su cinque (19% della popolazione) getta via del cibo ogni settimana e l’8% addirittura lo farebbe quotidianamente (stima Ipsos). In USA lo spreco di risorse si attesta intorno al 40%del cibo comprato. Lo sperpero di generi alimentari per un consumatore europeo e nordamericano si aggira fra i 95 e i 115 Kg annui mentre il numero si attesta intorno ai 6 – 11 Kg all’anno nei paesi dell’Africa Sub Sahariana.
Lo “spreco industrializzato” ammonta a quasi 680 miliardi di dollari mentre quello dei Paesi in via di Sviluppo 310 miliardi di dollari. I Paesi più ricchi sprecano ogni anno 222 milioni di tonnellate di cibo che equivale all’intera produzione dell’Africa Sub Sahariana (230 milioni).
Secondo alcune stime Fao a finire nell’immondizia sono maggiormente verdura e frutta più radici e tuberi (40 – 50 %), seguono cereali (30%), pesce (30%), semi oleosi, carni e prodotti latteo caseari (20%).
I dati sono sproporzionati rispetto al momento storico – economico che vive la società odierna. Proprio questa coscienza di crisi ha iniziato a muovere gli animi del mondo occidentale. Aldilà dei meccanismi, anche social, di Food Sharing che si sono sviluppati di recente, il consumatore medio ha iniziato a far bene la spesa e a reindirizzare le proprie attività.
Cosa vuol dire? Si inizia dal trascorrere più tempo in casa, favorendo il ritorno alle origini. Secondo una stima della Coldiretti, infatti, il mercato registra un taglio di 1,1 miliardi sui prodotti confezionati in favore degli acquisti degli ingredienti di base, come la farina, uova, zucchero e burro. Cifre, similari al periodo precedente il dopoguerra. Si conta un aumento dell’8% sulla farina, del 6% sulle uova del 4% sul burro. Si ricorre, dunque, al fai date. La tendenza è quella di ritornare a fare in casa i prodotti come yogurt, pizza, pane, confetture, mayonese e tanti altri ancora. Il tempo, sottratto agli svaghi dispendiosi, serve al consumatore per preparare in casa questi prodotti. Cosa che consente sia di risparmiare sia di essere certi sulla genuinità del prodotto elaborato. Gli Italiani si dedicano dunque a una nuova tipologia di hobby, la cucina, e c’è chi addirittura si dedica alla coltivazione del piccolo orticello domestico.
Risparmiare e riciclare, dunque, le parole d’ordine. Sempre più diffusa anche l’abitudine di reimpiegare gli avanzi generati dal pasto del giorno precedente. Sarebbe sempre meglio evitare la formalizzazione di scarti, tuttavia, se li si ricicla non sono più tali. L’argomento ha risonanza tale da portare un famoso chef, Claudio Ara, a organizzare un pranzo per 30 persone utilizzando unicamente avanzi del giorno precedente con grande successo.
I consigli
- Sarebbe opportuno organizzare il cibo in porzioni più piccole per evitare avanzi, tuttavia, di fronte all’imprevisto ci si organizza.
- Si potrebbe evitare di pesare a “occhio” la pasta, meglio affidarsi a uno strumento di peso più preciso in modo da evitare inconvenienti.
- Cucinare pasti che possano piacere un po’ a tutti, quindi evitare sapori più particolari o spezie dal gusto singolare in modo da non scontentare nessuno.
Il piatto di pasta avanzato dal giorno prima può diventare una gustosa frittata di maccheroni, lo stesso vale per le zucchine, carote, patate; se il contorno viene unito all’uovo si potrà preparare una frittata o, se si vuole evitare il fritto, si potrà cucinare al forno l’impasto ottenuto trasformandolo in una quiche.
Se avanza della polenta la si può riutilizzare come crostino, facendola rosolare al forno o in una pentola.
Anche la mozzarella o la provola che avete comprato per condire la pasta al forno può essere riutilizzata. Qualche ora in frigo e potrà essere impanata e fritta come comanda la ricetta della “Mozzarella in Carrozza”. Se avanzano contorni crudi, possono essere sempre aggiunti a una insalatona di pollo o tonno per creare un ricco piatto unico. Lo spazio è concesso alla fantasia in virtù di un unico motto: limitare lo spreco.
DATI: Studio del Barilla Center Food & Nutrition (BCFN)