Una lodevole iniziativa, a patto che non diventi un’ ennesima cambiale in bianco da firmare
Crescenzio Sepe, donerà lo stipendio di un anno e parte dei suoi risparmi personali per avviare il fondo di un fondo diocesano che concederà ‘microcrediti’ a persone bisognose. Ad annunciarlo è lo stesso arcivescovo, nella sua lettera pastorale ”Dove possiamo comprare il pane?”, presentata a Napoli. Il card. Sepe spiega che l’iniziativa vuole rispondere alla crisi attuale e nella fattispecie alle necessità dei ”giovani disoccupati, nonchè di quanti hanno perso o perderanno il lavoro”. ”Cristo oggi vuole usare le nostre mani per spezzare il pane della condivisione, della fratellanza, della carità”, scrive il cardinale che spiega come microcredito, ”lungi dall’essere una pratica di puro assistenzialismo” sia una ”strada per far riemergere la creatività e l’ingegno della nostra gente” grazie al ”coraggio di credere nell’uomo e scommettere sulla possibilità di moltiplicare pani e pesci”. In questi tempi di crisi, scrive Sepe, la Chiesa ha davanti a sè ”una folla affamata che, come pecore senza pastore, chiede pane”. ”Offrire una opportunità a quanti chiedono pane è l’unico modo che noi cristiani abbiamo per fronteggiare la disoccupazione e le nuove povertà, contribuendo alla ristrutturazione del tessuto sociale in un momento in cui l’economia non riesce ad offrire sbocchi”, aggiunge. Plaudire a questa iniziativa pare pleonastico, a patto che la chiesa non si metta in testa di “farsi banca” bastano i ricordi dello IOR per scoraggiare chiunque ad attingere a quella fonte. Ci esponiamo al rischio di essere tacciati di dietrologismo retrogrado ma speriamo vivamente che questa lodevole iniziativa non si ammanti della “pelosa carità” ecclesiastica che è peggio sia delle vampiriche banche che dei non da meno “cravattari” criminali.