Uva irrigata con il metodo della sub-irrigazione, pomodori ottenuti in coltura idroponica in serra a ciclo chiuso (con recupero e riciclo dell’acqua) e pesci prodotti nelle vasche d’allevamento con sistemi d’uso dell’acqua dolce integrati con la fertirrigazione di coltivazioni ortofrutticole o floricole. Sono solo alcuni esempi di cibi che potremmo sempre più trovare sulla nostra tavola molto presto e rappresentano il risultato di scelte produttive coraggiose indotte da un modello di consumo sempre più attento alle filiere agro-alimentari, alla qualità nutrizionale degli alimenti e agli impatti su ambiente, economia e società.
Le filiere produttive e gli agroecosistemi sono sempre più influenzati dal clima e dai cambiamenti climatici in atto, in quanto l’aumento delle temperature e la riduzione delle precipitazioni comportano l’accorciamento del ciclo colturale con un ridotto accumulo di biomassa, maggiore stress idrico e, soprattutto, una minore produttività delle colture. Ma non solo.
Per quanto riguarda la filiera delle carni, sebbene l’allevamento del bestiame sia uno dei responsabili delle emissioni di gas climatelranti, ne subisce anche gli effetti. L’aumento delle temperature con la conseguente riduzione della produzione di alimenti e della disponibilità di acqua di buona qualità genera infatti ricadute per il benessere e la produttività degli animali, rappresentando così un grave pericolo per la sostenibilità degli allevamenti. Per quanto riguarda il settore della pesca, infine, le minacce sono legate a una sempre minore disponibilità di pesce oceanico e delle acque interne (a causa del riscaldamento delle zone di riproduzione con sbilanciamento del rapporto dei sessi tra i pesci e dell’acidificazione delle acque) destinato sia all’alimentazione umana sia alla farina e all’olio di pesce impiegato nei mangimi per allevamenti.
La ricerca si sta muovendo per limitare l’azione dei cambiamenti climatici sulle produzioni, con azioni di mitigazione e di adattamento. L’agricoltura conservativa è un esempio di riduzione dell’emissione di gas ad effetto serra dai sistemi colturali, aumentando la quantità di CO2 sottratta dall’atmosfera e stoccandola nel terreno. In aggiunta, le tecnologie informatiche consentono di razionalizzare l’irrigazione, limitando l’uso delle risorse idriche in agricoltura. L’allevamento non richiede di per sé grandi quantità d’acqua, se non per la produzione di foraggi o mangimi. Lo sforzo maggiore, quindi, deve essere orientato al miglioramento delle tecniche di irrigazione e all’adozione di sistemi colturali che utilizzino in modo efficiente le risorse idriche disponibili. Per l’acquacoltura, infine, la ricerca è rivolta all’impiego di tecnologie sostenibili per la produzione di pesce, individuando fonti alternative di proteine e di acidi grassi polinsaturi per la produzione dei mangimi e approfondendo lo studio su specie maggiormente resistenti ai cambiamenti climatici. Nella viticoltura, le aziende impegnate nei programmi di sviluppo sostenibile hanno una visione integrata del problema: sono impegnate nel raggiungimento di migliori performance in ambito sociale, economico ed ambientale. Questo le renderà più resilienti agli impatti dei cambiamenti climatici attuali e future (ad es. innalzamento della temperatura, eventi erosivi, ecc). Con riferimento alle impronte idriche le pratiche adottate intendono ridurre soprattutto gli sprechi in cantina e le forme d’inquinamento.
«I modelli di sviluppo agricolo del prossimo futuro – ha spiegato Michele Pisante, Commissario Delegato del CREA – per una reale crescita economica e sociale, dovranno sempre più valorizzare la terza dimensione dell’agricoltura produttiva, attraverso il riconoscimento del valore economico dei servizi ecosistemici a favore della collettività: in particolare quelli agroecologici come la valorizzazione della biodiversità dei suoli, il sequestro del carbonio, la ritenzione di acqua, la stabilità e la resilienza dell’ecosistema e le funzioni di impollinazione».