La Svizzera dell’America Latina, così è chiamato il Costa Rica. Cinque milioni di abitanti, un’alta aspettativa di vita, temperature gradevoli tutto l’anno. E non un grammo di combustibile fossile bruciato per produrre elettricità nei primi mesi del 2015.
Nel Paese si sfruttano cinque fonti di energia: idrica, termica, geotermica, eolica e solare. Gli impianti idroelettrici, il primo dei quali entrò in funzione nel 1884 a San José, coprono quasi l’intero fabbisogno del paese. Se poi consideriamo le altre risorse energetiche, come le geotermiche, allora ci troviamo di fronte a uno stato non solo libero dalla dipendenza dal carbone e dal petrolio ma che produce il 98.7% di elettricità verde, puntando al 100% per il 2016.
Con il turismo e l’agricoltura come industrie primarie, il Costa Rica ha bisogno di meno energia rispetto a Paesi la cui economia è basata, per esempio, sulle fabbriche e l’industria mineraria. Sulla cima del Montecristo, a 2400 metri d’altezza, si sente il ronzio dell’impianto eolico. Poco più giù, il lago Arenal si estende nella valle: è la più grande riserva di acqua artificiale dell’America Centrale. Con una superficie di 88 chilometri quadrati, è il primo fornitore nazionale di energia idroelettrica e conta una capacità di stoccaggio di 2,5 miliardi di metri cubi. Poco più in là, tre vulcani spiccano nel mezzo della vegetazione. Un mix di fonti di energia pulita che permetteranno al Costa Rica di trasformarsi nella prima nazione CO2-neutrale, ovvero con un impatto sull’ambiente pari a zero, da qui al 2021.
Negli anni ’80, il paese fu il primo in America Latina nella ricerca dell’energia eolica, come conferma Gilberto de la Cruz, direttore della pianificazione presso l’ICE, l’Istituto Costaricano per l’Elettricità: «Il nostro successo ecologico è il risultato di politiche progressiste messe in moto molto tempo prima che il cambiamento climatico diventasse un problema globale». Oggi il Costa Rica può contare su nove parchi eolici attivi e otto in costruzione che saranno pronti entro il 2017. Il vento è la terza fonte d’energia, dopo il vapore delle viscere della terra. A nord-est della cittadina di Tilarán e sulle pendici dell’omonimo vulcano, c’è il campo geotermico Miravalles: l’acqua calda e il vapore generano 163,5 MW di elettricità. Accanto a Miravalles, una distesa di 4.300 pannelli fotovoltaici brilla al sole: con 22 mila metri quadrati, la sua capacità è di 1 MW. Significa migliaia di kilowatt al giorno e di tonnellate di carbonio in meno.
Il successo ecologico però dipende anche dalle piccole abitudini quotidiane. Ecco perché si sta promuovendo la costruzione di cucine a energia solare e trenini elettrici per supplire alla mancanza di trasporti pubblici.
Nella giungla intanto sta per essere completata la centrale idroelettrica Reventazon, al momento il più grande cantiere in America Centrale: una diga con un bacino di 118 milioni di metri cubici di acqua. La prima delle sue quattro turbine dovrebbe essere inaugurata a marzo 2016: un impianto da 1,4 miliardi di dollari, messi a disposizione da vari investitori, tra cui la Banca Mondiale. Reventazon produrrà energia per 525 mila famiglie, portando al 99,4% la copertura della rete elettrica nazionale.