Può una legge che tende all’emancipazione delle donne far loro un danno? A quanto pare sì, secondo alcuni medici in Francia che si sono dichiarati contrari al progetto di legge che vieta di rilasciare il certificato di verginità, nonostante sappiano cos’è. Può sembrare un controsenso e l’ennesimo tentativo di ignorare i diritti delle donne, ma dietro c’è molto di più, allora procediamo per gradi.
Le politiche francesi sull’Islam
All’inizio del 2020 prima che scoppiasse la pandemia da Coronavirus, il presidente francese Emmanuel Macron aveva affrontato il delicato tema dell’Islam in Francia e il suo programma di lotta contro il separatismo. Un programma che, tralasciando l’aspetto puramente ideologico, affrontava la questione dell’integrazione degli islamici da un punto di vista prettamente pratico allo scopo di allontanare la prospettiva di una deriva integralista. Aveva promesso dunque la costruzione di nuovi luoghi di culto e al tempo stesso rigorosi controlli sui finanziamenti
a loro destinati; avrebbe accettato solo imam che si sono formati in Francia e istituito una serie di corsi in lingue straniere con professori provenienti dai Paesi islamici. Continuando in questa direzione, lo scorso 4 settembre, in occasione delle celebrazioni per i 150 anni della Repubblica Francese, Macron ha annunciato che entro fine anno sarà presentato un disegno di legge contro il separatismo e, tra i dettagli trapelati, c’è appunto l’introduzione del divieto di erogare, da parte dei medici, i certificati di verginità per le donne.
Cos’è il certificato di verginità rilasciato in Francia
Nelle comunità islamiche non è raro che si richieda un certificato di verginità per le ragazze. Il documento è richiesto in genere dai futuri sposi o anche dai loro genitori. A volte anche da datori di lavoro. La ragazza in questione è sottoposta a una visita ginecologica che serve essenzialmente ad appurare l’integrità dell’imene. Nel 2018, l’Alto Commissariato Onu per i diritti umani, l’Agenzia ONU per i diritti delle donne e l’OMS hanno congiuntamente condannato questa pratica che, oltre a non avere nessun fondamento scientifico data la variabilità della fisiologia, risulta essere traumatica per le donne, lesive della loro privacy. I tre organismi hanno quindi chiesto ai governi di vietare il rilascio di tale certificato. Perché allora i medici francesi si sono dichiarati contrari? In realtà i sanitari hanno lanciato un allarme. Non rilasciare il certificato richiesto espone le donne a enormi pericoli che vanno dall’emarginazione alla morte. Pur consapevoli di compiere un atto che va contro la dignità della donna, non vedono al momento alternative migliori.
Le rivoluzioni dall’alto
Come si esce da questo impasse? Certamente non con una legge repressiva calata dall’alto, sostengono le associazioni mediche, ma con una campagna d’informazione e di consapevolezza e, soprattutto, una rete di protezione per difenderle da eventuali problemi con la famiglia. La posizione dei medici sui certificati di verginità, oltre ad aver aperto un caso in Francia, ha perfettamente centrato il problema più spinoso dell’intera questione che riguarda la violenza sulle donne: quello della sicurezza. L’informazione e la consapevolezza sono necessari, certo, come le prese di posizione nette delle istituzioni. Poi, però, bisogna continuare offrendo a queste donne (in alcuni casi anche giovanissime) un’alternativa concreta alla loro vita precedente. Non possono denunciare o sottrarsi a certe imposizioni e tornare a casa. Bisogna potenziare i centri d’accoglienza, garantire l’accesso allo studio e al mondo del lavoro. Le donne che vogliono riscattarsi devono poter realizzare tutto quello che la loro vita precedente aveva loro impedito. Altrimenti sono solo buone intenzioni e quelle sappiamo dove si trovano.
Immagine di copertina foto di Julio César Velásquez Mejía da Pixabay