Come ormai è noto da qualche settimana il prossimo 17 aprile gli italiani saranno chiamati alle urne per un referendum che riguarda l’estrazione del petrolio entro le 12 miglia dalle coste italiane. Come prevede l’articolo 75 della Costituzione italiana, il referendum popolare può essere richiesto da almeno cinque consigli regionali e in questo caso sono nove: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. Inizialmente tra questi c’era anche il consiglio dell’Abruzzo che si è sfilato dai promotori.
Precisamente si tratta di un referendum abrogativo ma solo parziale. Non si vuole infatti abrogare una legge per intera ma solo l’articolo 6 comma 17 del Codice dell’ambiente. Ecco il testo del quesito: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”
Cosa vogliono i promotori (oltre ai succitati consigli, vari movimenti ambientalisti) del referendum? Se come sperano dovesse vincere il Sì, si proibirebbe alle società che ora già stanno trivellando nelle acque italiane tra la coste e le 12 miglia (circa 22 Km) di poter continuare a trivellare fin quando il giacimento arrivi a esaurimento. Il lavoro di trivellazione, sempre considerando un’ipotetica vittoria del Sì, si fermerebbe allo scadere dei contratti. È importante ricordare che il referendum riguarda solo le concessioni entro le 12 miglia e già in corso, non quelle sulla terraferma.
Ecco il testo del quesito: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”
Come sempre quando c’è un referendum in Italia, il primo ostacolo da superare è quello del quorum, vale a dire della partecipazione. Sempre secondo l’articolo 75 della Costituzione, affinché il voto sia valido si deve recare alle urne almeno il 50% degli aventi diritto. Proprio per questo problema i promotori avrebbero gradito che il referendum si tenesse in giugno, nello stesso giorno delle elezioni amministrative. Così lo Stato avrebbe risparmiato soldi e ci sarebbero state molte più opportunità che il quorum fosse raggiunto.
Ma c’è ancora la possibilità che i quesiti diventino tre. Inizialmente i quesiti erano 6, poi nel dicembre 2015 il governo, nella legge di Stabilità, ha legiferato in materia e per questo l’8 gennaio 2016 la Cassazione ha dichiarato ammissibile solo un quesito (appunto quello del 17 aprile). Ma le Regioni impegnate si sono rivolte alla Corte Costituzionale presentando un conflitto di attribuzione impugnando due dei sette quesiti esclusi dalla Cassazione. Basandosi sull’articolo 117 della Costituzione, sostengono che il governo ha legiferato su materia di competenza delle regioni. Il prossimo 9 marzo, quindi, i quesiti che saranno sottoposti agli elettori domenica 17 aprile potrebbero passare da 1 a 3.
I mari interessati sono lo Ionio, il canale di Sicilia e l’Adriatico.