Ryan Giggs: un solo colore (il rosso) e quei capelli sale e pepe. Sir Alex Ferguson: un solo cappotto (il nero) e un chewing gum in bocca praticamente da sempre.
Voglio la testa di Ryan Giggs, di Rodge Glass (editore 66thand2nd), non è la loro storia. Questa è la storia di Mikey Wilson, ragazzino della Manchester anni 90 che respira, mangia e dorme United. Solo che con i primi due, questa storia, ha a che fare almeno per un paio di ragioni.
Per dirne una: Sir Alex Ferguson gli bussa alla porta di casa perché lo vuole nelle giovanili dei Red Devils. Sì Wilson, proprio tu; giochi bene – dice – ed io questo l’ho fatto solo con un altro finora. L’altro è Ryan Giggs, Gigsy, gallese tutto zigomi e mento.
Da non credere. Mikey segna e sogna in rosso, nelle giovanili è un’ottima promessa. Allenamenti e marcature, ottime prestazioni, tutto come deve andare. Wilson lotta per l’esordio in prima squadra, dove giocano quei giovanotti – Ryan Giggs, David Beckham, Paul Scholes – che scriveranno grandi storie allo United. L’esordio arriva – Old Trafford, Sir Alex, un cenno davanti a tutta quella gente: scaldati – ma dura centotrentatré secondi. Il tempo di un suggerimento sbilenco firmato Giggs. Vai Wilson, per te! Wilson ci va, ma in ritardo: entra scomposto sul difensore, lo infortuna e le loro carriere cambiano per sempre.
In qualche modo Wilson dirà addio alla sua breve vita da calciatore per vivere una lunga vita da arrabbiato. Colpa di Giggs, di quel passaggio fuori misura, penserà praticamente per sempre. Giochicchia ancora un po’ altrove, in una squadraccia buia, a sud. Poi niente, si spegne: il giovane Ryan Giggs diventa l’eterno Ryan Giggs, bandiera orecchie a sventola; il giovane Mikey Wilson resta l’adulto Mikey Wilson, tifoso dello United strozzato tra le pieghe più difficili di una vita qualsiasi.
Qualche lavoretto, tante partite al seguito della squadra, troppo alcolismo, pochissimi soldi. Mikey Wilson è stato ad un passo dal sogno, ma non è diventato un calciatore. Non è nemmeno famoso. Il suo esordio, anni dopo, nessuno lo ricorda. Ama Ryan Giggs, perché un tifoso dello United non potrebbe fare diversamente; odia Ryan Giggs, perché Mikey Wilson non potrebbe fare diversamente.
Voglio la testa di Ryan Giggs è un libro sul calcio? Mettiamola così: è soprattutto una storia di bivi. Una porta aperta, sì, però decidete “dentro o fuori?” perché qui tra un po’ si chiude. Di cosa ci voglia per diventare Ryan Giggs, di quanto poco basti per restare Mikey Wilson, a vita. Un passaggio sbagliato e un tackle in ritardo: chi ha spento la luce? Chi vince la Champions in tv, chi piange seduto in un pub.
Poi molto United: glorioso, amabile, odiatissimo United. Molta Manchester, che in certe sere sembra il posto più bello al mondo. Molte note, The Smiths, Joy Division, New Order, The Stone Roses (gli Oasis no, sono del City). Molta Red Army, il pazzo seguito dei Red Devils per tutta Albione, per l’Europa, tra mille pub e scorribande e deliri fino a Mosca, in finale di Champions, quando uno si gioca personalmente davvero tutto.
E forse, nonostante questo, davvero poco.