Il rapporto integrale è di 280 pagine, e gli argomenti toccati sono numerosi: produttività, disoccupazione, dati demografici, sanità, investimenti, ricerca, e altro. Insomma: una vera e propria fotografia del Paese. Sono disponibili una sintesi più accessibile ed alcuni grafici esplicativi, oltre all’elenco delle precedenti pubblicazioni. Ma quali sono i punti più importanti per quanto concerne l’economia?
Economia italiana
Il PIL del 2013 ha avuto segno negativo. Il suo valore, calato dell’1,9%, è stato quasi pari al livello registrato nel 2000. In calo anche la spesa per consumi delle famiglie (-2,6%) in segno negativo per il terzo anno consecutivo. Storie diverse, invece, per esportazioni e importazioni: le prime hanno contribuito alla crescita economica con lo 0,8%; le seconde, al contrario, hanno fatto registrare una cattiva performance chiudendo con -2,8%. Il 2013 ha visto un sensibile calo dell’inflazione, giunta all’1,2% dal 3% 2012. Un trend, spiega l’Istat, che ha trovato continuità anche nel 2014 (marzo 0,4%; aprile 0,6%).
Mercato del lavoro
Nel 2013 l’occupazione è diminuita di 478 mila unità (-2,1%), a differenza di un tasso di disoccupazione cresciuto dal 10,7%, anno 2012, al 12,2%. L’industria ha fatto registrare una contrazione occupazionale pari all’1,7%, ma il settore produttivo che ha visto il calo maggiore è quello delle costruzioni: -9,3%, pari a 162 mila persone. Cattive notizie anche per i giovani (15-24): cresce del 4-5% la percentuale dei disoccupati, giungendo al 40%.
Le famiglie
Sempre più italiani risparmiano. Il 2013 ha fatto registrare un dato inedito: per la prima volta dall’inizio della crisi la riduzione dei consumi è stata maggiore di quella del reddito. Attualmente risparmierebbero anche quei nuclei famigliari che all’origine della crisi hanno evitato di farlo. A partire dal 2012 il Nord è stato protagonista di un significativo calo di spesa, accodandosi ad anni di cali marcati provenienti per la maggior parte dal Mezzogiorno. A causa di una contrazione del credito calano anche gli investimenti, -4,7%.
Fare impresa
Le colpe sono tutte della crisi? Secondo Banca Mondiale per avviare un’impresa in Italia sono necessari 6 giorni, come in Francia e anche meno di Regno Unito, Germania e Spagna (da 12 a 24). E allora? Il punto è un altro: in termini di capitale minimo e costi procedurali in Italia avviare un’impresa costa il triplo rispetto alla media UE. Non solo. Anche la giustizia per le imprese italiane è più lunga rispetto alla media europea, con tempi mediamente raddoppiati. L’Italia, inoltre, è un Paese ancora troppo poco sexy per i capitali stranieri, dal momento che ad essi è legato solo il 13,4% del valore aggiunto del sistema produttivo.
Prospettive per il prossimo biennio
Le previsioni consentono un moderato ottimismo. Il PIL 2014 dovrebbe crescere dello 0,6%. E’ previsto, per il 2015, un assestamento della crescita dell’economia italiana all’1%, valore destinato ad aumentare fino all’1,4% nel 2016. Sono dati, avverte l’Istat, da considerare con cautela, poiché legati a variabili importanti come quella della domanda interna, ovvero la capacità di spesa delle famiglie.