(Adnkronos) – ”Ieri sera c’è stata una manifestazione sotto al giornale, sono arrivati proprio qui sotto e hanno cominciato a urlare di tutto. La cosa più ‘carina’ che ci hanno detto è che saremmo fascisti”. Lo racconta all’Adnkronos Mario Sechi, direttore responsabile di ‘Libero’. Il riferimento è al corteo per Giulia Cecchettin e contro violenza di genere che ieri ha sfilato per le vie di Milano e che ha raggiunto la sede di ‘Libero’ in via Luigi Majno. I manifestanti si sono fermati sotto al palazzo del quotidiano, gridando, tra l’altro, “fascisti, razzisti, sessisti, omofobi”.
”Noi siamo per il free speech, abbiamo fatto tanti pezzi per difendere la libertà di espressione di tutti, anche quella più estrema – sottolinea Sechi – Il problema nasce quando si viene a manifestare sotto alla sede di un quotidiano, dove i giornalisti stanno lavorando: ci siamo ritrovati una manifestazione di cui non eravamo stati avvisati. Mi chiedo: ma le forze dell’ordine? Se i manifestanti fossero stati male intenzionati e non si fossero fermati alle accuse verbali? E’ un po’ intimidatoria come cosa. Non è un bel clima… Dopodiché noi andiamo avanti”.
”Peraltro sostenevano posizioni talmente faziose e disinformate… perché non leggono i giornali, non sanno di cosa stanno parlando – aggiunge – Come fanno a dire a noi che siamo espressione del patriarcato? Io ieri ho pubblicato un pezzo dove una collega, Lucia Esposito, diceva ‘il patriarcato esiste’ ma attenzione alla strumentalizzazione che se ne fa. È la posizione che ho sempre tenuto fin dal primo giorno della vicenda di Giulia. Una posizione ferma, ma aperta al dialogo e alla discussione.
Loro non sono aperti al dialogo e alla discussione, tanto che un giornale che mantiene una posizione diversa e nettamente contraria a qualsiasi estremizzazione viene fatto oggetto di una manifestazione estremista. Siamo in un clima totalitario”. ”E’ bene che non si ripetano cose del genere, va bene il free speech ma sotto a un giornale non si va a manifestare perché, lo ripeto, è intimidatorio”, conclude Sechi.
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