(Adnkronos) – Alla fine, dopo una serie di messaggi, ha accettato l’incontro di fronte a un bar di Trastevere. E’ un imprenditore edile romano, che da anni lavora con la Pubblica amministrazione. Oggi, con le notizie dell’inchiesta a Roma e l’arresto del direttore generale di Sogei Paolino Iorio in primo piano, il suo racconto può aiutare a capire come può essere vissuta la corruzione dalla parte di chi la conosce direttamente, per la propria attività. Ha chiesto di lasciare in macchina i telefoni, il suo e anche il mio, e poi ha iniziato a parlare.
Di getto, come se avesse bisogno di una confessione: “Ho pagato tangenti fino a qualche anno fa, ho provato a uscirne e ho denunciato. Ho visto il lavoro ridursi drasticamente. Ho provato a fare a meno di qualsiasi commessa pubblica ma stavo fallendo. Oggi faccio quello che posso, fino a quando non arriva la solita richiesta: c’è da sistemare questo passaggio… Le mazzette sono diventate per tanti imprenditori un costo fisso, con una contabilità dedicata. Tanti pagano per lavorare, non per arricchirsi…”.
Mi chiede più volte se può essere sicuro che non uscirà il suo nome. Io, invece, chiedo perché abbia deciso di parlare con un giornalista. “Perché vedo e leggo tante ricostruzioni che mettono sullo stesso piano il corrotto e il corruttore e invece c’è una differenza sostanziale: uno prende soldi che si aggiungono ai tanti che già guadagna, l’altro spesso paga perché non vede altra strada per arrivare all’appalto che gli serve per mandare avanti l’impresa”. La tangente, dice, diventa “un rischio calcolato, in un contesto che prevede la mazzetta come un effetto collaterale”. Usa queste parole, ‘rischio calcolato’ e ‘effetto collaterale’, e su queste parole provo a costruire un contraddittorio. Cosa vuol dire un rischio calcolato?
“Vuol dire che sono evidentemente più le volte che ti va bene di quelle in cui ti può andare male e che chi paga lo fa perché quasi sempre gli conviene farlo”. Quando parla di effetto collaterale, invece, a cosa si riferisce? “Al fatto che lo stesso calcolo, mi faccio pagare e rischio poco, lo fa chi chiede la tangente, che considera quasi come un atto dovuto, perché così funziona…”.
E’ una ricostruzione che tende ad assolvere gli imprenditori e a condannare la mano pubblica, come è comprensibile che sia quando a parlare è un imprenditore. Ma c’è un aspetto che più degli altri vale la pena sottolineare. Quello che viene descritto è un sistema che “alla fine premia chi si adegua, da una parte e dall’altra”.
Perché, “rispetto a quando ho denunciato, qualche anno fa, incrocio sempre le stesse imprese e le stesse persone”. Quando chiedo se può fare nomi o casi concreti, però, la conversazione si interrompe bruscamente. “Non serve a niente”, dice, allungando la mano che mi stringe con forza, prima di ritrarsi con un’ultima richiesta: “Vado a lavorare, lei però scriva esattamente quello che le ho detto…”. (Di Fabio Insenga)
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