La galleria Emmeotto di Roma presenta la personale dell’artista Micaela Lattanzio intitolata “Corpus Imago” a cura di Alessia Carlino che aprirà al pubblico sabato 26 Ottobre.
“Dove si radica, se non nella corporeità, la dimensione estetico-ontologica della finitezza?”
La questione posta dal filosofo francese Jean-Luc Nancy rivela, ad una prima analisi, l’elemento fondante del lavoro di Micaela Lattanzio: il corpo, strumento d’indagine estetica, svela la sua portata cosmica, la materia epidermica si espande per divenire corpo celeste, strumento privilegiato che investiga il cosmo.
Il lavoro di Micaela Lattanzio si sviluppa in un percorso suddiviso in tre capitoli che narrano, di stanza in stanza, l’evoluzione del corpus nella sua forma e nella sua natura.
Nel primo capitolo dedicato alla serie Fragmenta, l’artista costruisce attraverso lo strumento della frammentazione l’immagine di molteplici configurazioni visuali.
Il corpo espande il suo raggio d’azione ondeggiando in uno spazio illimitato. Le fisionomie si disperdono dalle proprie fattezze, tessono trame di un’inedita prospettiva geografica, i tasselli d’epidermide si ricompongono nella mescolanza di pelle, ciglia, capelli, unghie in una geometria dai contorni organici e sociali.
In questo spazio dai confini illimitati l’artista, deus ex machina, racconta il corpusnella sua condizione impossibile: perdere il proprio aspetto per proporsi allo sguardo come Imago, ovvero come una raffigurazione indecifrabile che si compie al di là di ogni linguaggio identitario.
Nel secondo capitolo del progetto espositivo, il corpus si evolve in un giardino straordinario.
Florilegio è la scelta antologica di opere esemplari, è un hortus conclusus dove i bulbi più rari e le piante più esotiche vengono raccolte e collezionate. Nella visione di Micaela Lattanzio, il florilegio rappresenta la summa estetica del corpus: la pelle diviene petalo esibendo la simultaneità del taglio (già operato in Fragmenta) e della sua ricomposizione contenuta nelle materiche fattezze edonistico-floreali.
48 steli sorreggono antropomorfici boccioli, in un semicerchio architettonico i sensi vengono inclusi all’interno di un disegno sinestetico: grazie all’intervento di PROFVMVM ROMA, azienda creatrice di fragranze, i boccioli di epidermide prendono vita nella loro dimensione olfattiva.
L’ultimo capitolo svela la Cosmogonia del corpus: i tratti fisionomici sono solo un celato suggerimento, la carne è divenuta materia celeste, lo spazio assume una dimensione fugace.
“La visione di un corpo che oscilla in uno spazio cosmico, simile a una galassia, e si deposita in sedimenti che la propria densità 0ffre al toccare”.
Nelle parole di Nancy ritroviamo il fulcro della rappresentazione: il corpus, secondo il criterio dell’artista, non è più reale, ma intimamente immerso in una interrogazione trascendente, ovvero come sia possibile venire alla luce.
In questo gioco innescato dal dialogo tra visibile ed invisibile, Micaela Lattanzio decostruisce la figura, dimentica la forma, dissemina nuove configurazioni immaginifiche per accompagnarci nell’atto del guardare, che è, in ultima istanza, vedere se stessi