Pubblicato il nuovo elenco delle attività produttive che resteranno aperte in questo periodo di emergenza Coronavirus. La lista, approvata due giorni fa e firmata anche dal presidente Mattarella, è il frutto di un lungo lavoro di mediazione tra governo e sindacati dopo che diversi scioperi erano stati annunciati da parte di alcune categorie di lavoratori.
Cos’è accaduto
Forti tensioni si erano create intorno al Decreto del Presidente del Consiglio sul Coronavirus del 22 marzo: un ulteriore giro di vite che andava a specificare le attività produttive da lasciare aperte in questo periodo di emergenza epidemiologica. Un nuovo difficile momento che ha inasprito le contrapposizioni tra lavoratori e imprenditori. I primi lamentavano la vastità dei settori ritenuti essenziali alle persone e richiamavano a maggiori tutele. I secondi scongiuravano la “serrata generale” che avrebbe portato al blocco totale dell’economia. In una lettera al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, invitava il governo a considerare non solo i settori essenziali della produzione ma anche quelli considerati strategici per il nostro Paese: un’eccessiva riduzione dell’attività produttiva avrebbe portato danni irreversibili alla nostra economia. Risultato: alcune categorie di lavoratori, tra cui i metalmeccanici di Lazio e Lombardia e i bancari si sono dichiarati pronti a scioperare. In seguito alle proteste dei sindacati che contro il Coronavirus richiedevano maggiore sicurezza, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, e dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, si sono incontrati in videoconferenza con Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil.
Quali fabbriche restano aperte nell’emergenza Coronavirus
L’incontro tra governo e sindacati ha introdotto, quindi, alcune modifiche all’elenco delle attività che continueranno a lavorare. Secondo quanto riportato nell’allegato al Decreto del 22 marzo, sarà limitato il lavoro di call center, agenzie di lavoro interinale e alcune che svolgono servizi a sostegno delle imprese. Limitata anche la produzione di carta. Chiudono i battenti le indutrie che producono corde, macchine per l’agricoltura e per l’industria alimentare. Restano aperte, invece, le industrie alimentari, delle bevande e quelle che producono vetro, apparecchiature medicali, farmaci, le edicole, i negozi di ricambi auto, le aziende che forniscono servizi di vigilanza privata.
Coronavirus: da emergenza sanitaria a emergenza sociale
Quanto accaduto nei giorni scorsi dimostra come la diffusione del Coronavirus in Italia stia diventando, oltre che emergenza sanitaria, anche emergenza sociale. Tutelare la salute dei cittadini e contemporaneamente garantire loro i servizi essenziali sta determinando una quasi “fisiologica” disparità di trattamento per i lavoratori. Esiste una grande zona grigia dove i diritti di alcuni sembrano entrare in conflitto con i diritti di altri, dove la salute sembra entrare in conflitto con l’economia e le tensioni, già altissime, per la paura del contagio, sono pronte a esplodere in qualunque momento.