Il servizio di consegne cibo a domicilio non sembra essere più un mercato appetibile. A dirlo sono i responsabili della comunicazione di Uber Eats nel loro comunicato con il quale annunciano la chiusura del ramo d’azienda in Italia. Non si è avuta una crescita in linea con le aspettative, si legge nella nota. Che la rivoluzione digitale stia avvertendo la sua prima crisi?
Consegne cibo a domicilio: dalla pandemia alla chiusura di Uber Eats Italia
Durante il lockdown, lo ricorderete, per gustare una pizza, un panino o una qualunque specialità da ristorante, bisognava prenotare ciò che si desiderava, recarsi in loco per il ritiro e gustare tutto a casa. L’alternativa era farsi consegnare a casa quanto ordinato. Ogni le attività di ristorazione, dalla più grande alla più piccola, ha messo in piedi, dall’oggi al domani, il suo servizio di consegna a domicilio.
La pandemia è stata anche l’epoca in cui il digitale ci ha aiutato ad affrontare i momenti più difficili. Potremmo dire, senza tema di smentita, che oggi esista un’app per ogni nostro bisogno. Ed ecco che le app per il “delivery” sono sorte come funghi o semplicemente le abbiamo scoperte e imparato a utilizzare. Non è un mistero che tutte le aziende legate al mondo digitale a partire dagli anni della pandemia hanno aumentato notevolmente il loro giro di affari. Le abitudini acquisite per necessità, infatti, si sono rivelate molto comode anche a emergenza finita. Evidentemente non abbastanza. Le imprese digitali, financo il colosso Amazon, non è stato immune dalla tagliola dei licenziamenti. Ora tocca a Uber Eats.
La chiusura di Uber Eats Italia
Il 15 giugno Uber Eats ha comunicato la dismissione del servizio di consegne a domicilio del cibo in Italia. Dopo sette anni (erano presenti infatti dal 2016), la crescita ottenuta non è stata in linea con le aspettative per cui la chiusura è l’unica scelta anche se difficile come si legge nella nota ufficiale. Una crescita ottenuta grazie alla presenza in 60 città in tutte le regioni del Paese e alla partnership di migliaia di ristoranti e di rider. Uber non abbandona l’Italia, si legge ancora nella nota, dove saranno ancora attivi i servizi di trasporto che rappresentano la punta di diamante dell’azienda.
Cosa accadrà ora
Uber non abbandonerà neanche i propri dipendenti del ramo Eats poiché, ha assicurato, farà il possibile per loro “in conformità con le leggi vigenti, assicurando al contempo una transizione senza problemi per tutti i nostri ristoranti ed i corrieri che utilizzano la nostra piattaforma“. I sindacati, dal canto loro, denunciano che la maggior parte dei dipendenti si troverà, già a partire dal prossimo mese, senza lavoro e senza reddito (la chiusura del servizio, infatti, scatterà già dai primi giorni di luglio). Secondo quanto affermato dalla segretaria confederale Cgil Francesca Re David “I lavoratori inquadrati come collaboratori occasionali e a partita Iva, che sono la forza lavoro utilizzata per la consegna del cibo, pur perdendo l’attività lavorativa non avranno diritto agli ammortizzatori sociali né ad alcun sostegno pubblico per un’eventuale ricollocazione“.
Le nostre riflessioni sul mondo del lavoro di oggi le abbiamo già espresse qualche tempo fa. La storia ci parla di rivoluzione industriale, l’attualità di rivoluzione digitale, quando si parlerà di rivoluzione sociale?
In copertina foto di postcardtrip da Pixabay