La scienza fa ulteriori progressi e stavolta nello studio del cervello umano. L’Istituto di neuroscienze dell’Università di Newcastle, infatti, ha condotto un esperimento che avvalora la tesi che è possibile collegare i cervelli di vari individui, mettendo in connessione i loro neuroni.
Scienza e fantascienza, etica e immoralità. I confini tra questi mondi tra loro contrapposti spesso diventano così labili in alcuni esperimenti scientifici che è poi difficile capire se la portata di quel risultato è positiva o meno. Digressioni a parte, è sempre più vicina un’ipotesi che fino a qualche anno fa sapeva ancora di fantascienza: la possibilità di espletare una tecnica con cui inviare pensieri e sensazioni dal cervello di un individuo a quello di un altro mediante impulsi trasmessi con elettrodi.
La cavia è un giornalista del Guardian e si chiama Tom Ireland. Si è sottoposto a un test presso l’Istituto di neuroscienze dell’Università di Newcastle, che ha un’esperienza decennale in tecniche di questo tipo. Nello specifico, il procedimento a cui si è sottoposto il reporter del quotidiano inglese è denominata Transcranial magnetic simulation (Tms) e consiste nell’induzione di piccole scosse in parti differenti della testa. In tal modo gli impulsi nervosi giungono fino agli arti dell’individuo che si vuole “manovrare”.
Già nel marzo 2013 un’equipe di scienziati americani e brasiliani era riuscita a trasmettere in tempo reale, tra due roditori, delle informazioni da un cervello all’altro in connessione tra loro. Certo c’è ancora molto da lavorare per parlare di un controllo del cervello a distanza e chi sogna un futuro da robot resterà al momento ancora deluso. Tuttavia, a giudicare dai progressi fatti negli ultimi anni dalla neuroscienza, sembra che l’obiettivo di un unico super-brain collegato via web non sia più solo il frutto di fantasia.
E con l’etica come la mettiamo? Il rischio più grande che andrebbe evitato se davvero si riuscisse a specializzare un tale processo è che si possa arrivare a un controllo eterodiretto dell’intera società da parte di un élite tecnocratica.
D’altro canto però non mancano risvolti positivi: questa tecnica, come precisa lo stesso Ireland, potrebbe essere utilizzata per la riabilitazione dei movimenti di persone affette da disabilità o paralisi.
Un altro tassello, dunque, verso la cura delle malattie nervose potrebbe essere aggiunto. Non resta perciò altro che sperare in un uso razionale e attento delle meraviglie che la ricerca scientifica ci sta offrendo in questo nuovo millennio.