Conflitti nel mondo: quanti morti hanno fatto dalla Guerra Fredda a oggi? Se le persone che vivono in Paesi liberi da conflitti da decenni hanno vissuto una vita abbastanza sicura, non può dirsi altrettanto per le persone che vivono in Paesi dilaniati dalle guerre. Un esempio lampante è la Siria dove centinaia di migliaia di persone sono morte a causa dei conflitti negli ultimi decenni e altri milioni sono stati sfollati. L’assunto di partenza potrebbe sembrare lapalissiano ma fa in realtà da punto di partenza per un’esame dei vari scenari di guerra per determinare quali di questi abbiano nel corso del tempo determinato un numero maggiore di morti. Le popolazioni, infatti, subiscono diverse tipologie di conflitto: guerre con altri Paesi (Ucraina), conflitti tra il governo e gruppi ribelli (Etiopia), conflitti tra gruppi etnici (Ruanda).
Vediamo, dunque, con l’aiuto di uno studio condotto da Our world in date, quali sono i Paesi più colpiti dalle guerre e quante persone sono morte dalla fine della Guerra Fredda.
Conflitti nel mondo
Secondo l’Uppsala Conflict Data Program (UCDP), che utilizza notizie, altre fonti contemporanee e ricerche accademiche per contare le morti nei conflitti armati in tutto il mondo, 3,3 milioni di persone, combattenti e civili, siano morte a causa dei combattimenti nei conflitti armati tra il 1989 (il primo anno per il quale sono disponibili i dati) e il 2022. La stima tiene conto solo delle persone morte durante le operazioni di guerra ma se aggiungiamo le persone morte per malattie o fame in conseguenza delle guerra, il bilancio aumenta notevolmente.
Più della metà di questi decessi si è verificata in Africa, dove sono state uccise 1,7 milioni di persone. Il Medio Oriente e l’Asia sono state le regioni più colpite, con circa 650.000 e 570.000 morti. L’Europa e le Americhe hanno registrato il minor numero di decessi, rispettivamente con circa 210.000 e 170.000 morti.
Se si considera che alcune regioni hanno una popolazione più numerosa di altre, vediamo che l’Africa e il Medio Oriente hanno avuto i tassi di mortalità più alti: i loro tassi sono dieci volte superiori a quelli di altre regioni del mondo.
Infine, quasi 800.000 dei decessi si sono verificati nel solo Ruanda, seguito da più di 400.000 in Siria e più di 320.000 in Afghanistan.
La tabella che segue sintetizza questi dati.
Quali conflitti generano più morti
Focalizzandosi sull’ultima barra del grafico, si evince che:
- I conflitti intrastatali, quelli tra uno stato e un gruppo armato non statale, hanno provocato 1,7 milioni di morti. Si tratta della metà di tutte le morti di guerra dal 1989.
- La violenza unilaterale, un gruppo armato statale o non statale che prende di mira i civili, ha causato circa un terzo delle vittime del conflitto, circa 1,1 milioni di morti.
- I conflitti non statali, quelli tra gruppi armati non statali, hanno causato 320.000 morti, ovvero 1 su 10.
- I conflitti interstatali, quelli tra Stati, hanno causato il minor numero di morti, con 220.000 morti, o 1 su 15 morti.
- I conflitti non statali hanno causato relativamente pochi morti, anche se di recente sono stati la forma più comune di conflitto, mentre i conflitti interstatali sono rari ma altamente mortali.
Quali conflitti nel mondo
Quali tipi di conflitto hanno dilaniato le diverse parti del mondo? Elaboriamo i dati esposti nella tabella riassuntiva.
In Africa la violenza unilaterale è stata la forma di conflitto più letale, rappresentando oltre la metà dei suoi decessi tra il 1989 e il 2022. Una parte significativa di queste morti è il risultato di un singolo atto di violenza: il genocidio del 1994 in Ruanda. I conflitti intrastatali hanno causato circa un terzo di tutti i morti, in particolare in Etiopia e nell’attuale Eritrea. I conflitti non statali e interstatali sono stati meno mortali, ciascuno dei quali ha contribuito a meno del 10% dei decessi.
In Medio Oriente la principale causa di morti sono stati i conflitti intrastatali con quattro morti su cinque.
Particolarmente colpiti la Siria insieme all’Iraq e allo Yemen. I conflitti non statali hanno contribuito a ridurre i decessi, circa uno su dieci. E la violenza unilaterale e i conflitti interstatali hanno causato ancora meno morti, con circa un morto su quindici e uno su venti.
I conflitti intrastatali hanno dominato ancora di più l’Asia e l’Oceania, rappresentando quasi il 90% delle morti in conflitto tra il 1989 e il 2022. L’Afghanistan è stato il più colpito, vivendo diverse guerre nel corso dei decenni. La violenza unilaterale ha causato la maggior parte degli altri decessi, circa un decesso su dieci, mentre i decessi nei conflitti non statali e interstatali sono stati rari, con il 3% e meno dell’1% dei decessi.
In Europa e America?
In Europa il maggior numero di morti è stato determinato da conflitti intrastatali e interstatali, rappresentando rispettivamente il 50% e il 40% delle vittime. Molte morti nei conflitti intrastatali si sono verificate nei primi anni ’90 nell’Europa sud-orientale, in particolare in Bosnia ed Erzegovina. Tutti i decessi dei conflitti interstatali sono stati causati da un’unica guerra: l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022. La violenza unilaterale è stata responsabile di circa il 10% dei decessi, mentre i conflitti non statali hanno causato pochi morti, rappresentando poco più dell’1% dei morti.
I conflitti non statali hanno messo in ombra altre forme di conflitto nelle Americhe, rappresentando i due terzi di tutti i decessi, principalmente a causa di combattimenti tra organizzazioni criminali. Il Messico è stato il più colpito, con un forte aumento delle morti in conflitto negli ultimi anni. I conflitti intrastatali hanno rappresentato quasi un quarto dei decessi, soprattutto a causa del conflitto in Colombia tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000. La violenza unilaterale ha causato circa un decimo di tutti i morti nei conflitti, mentre i conflitti interstatali sono stati più rari che in qualsiasi altra regione del mondo, con meno di 1.000 morti in totale.
Lavorare per la pace: in che modo?
Comprendere l’entità dei conflitti tra le regioni è fondamentale per aiutarci a sapere dove lavorare per la pace. Ci aiuta a indirizzare gli aiuti umanitari e gli sforzi diplomatici mentre i conflitti sono in corso, nonché il lavoro di ricostruzione e i progetti di riconciliazione quando i combattimenti cessano.
Comprendere le forme dei conflitti ci aiuta a sapere come lavorare per la pace. Ci aiuta a identificare se sono necessari negoziati internazionali, trasferimenti di armi, missioni di mantenimento della pace, Stati più forti, governi più inclusivi o esecutivi più vincolati.
In copertina foto di Defence-Imagery da Pixabay