Con la personale Confine #1 è in mostra un ciclo in bianco e nero realizzato nell’autunno del 1979 quando il Centro Sociale Primavalle e l’ex Ospedale Psichiatrico di Santa Maria della Pietà, entrambi a Roma, accogliendo la rivoluzione portata da Franco Basaglia e le direttive della legge 180 organizzarono una manifestazione per guidare i ricoverati degli ospedali psichiatrici e gli esclusi verso la conquista e il recupero dell’autonomia e della responsabilità personale, lontano dai trattamenti repressivi o contenitivi.
Fabrizio Borelli era lì a testimoniare tale iniziativa titolata Uomini e recinti che, egli ricorda “la messa in scena delle esistenze dei ricoverati attraverso visite, azioni, happenings da loro interpretati in una sorta di pellegrinaggio nel territorio romano.
Al mattatoio, allo zoo, tra le rovine archeologiche, nelle borgate, nelle piazze del Centro Storico capitolino e alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna si tentava di raffigurare e tracciare un percorso immaginario della riabilitazione, in cui gli ospiti delle ex strutture psichiatriche portavano con loro gli strumenti di coercizione come il letto di contenzione, la camicia di forza, l’elettroshock rendendo tutto manifesto al mondo di fuori.
Nelle immagini di Confine #1 Borelli a questo dato, una sorta di reportage suo peculiare, sovrappone la propria peculiare visione, la propria sensibilità, la sua cultura contaminata e quella fotografica restituendo fotografie potenti e con uno svolgimento sentimentale.
Così, donne e uomini attraversano nelle foto, come attraversarono nella vita, una città ancora sospettosa o indifferente, animandola e rendendola consapevole. Riuscendo a portare e a farci vedere la luce in quell’ombra a cui si riferiscono i versi di Paul Celan («Dice verità chi dice ombra»).