La poetica visionaria e filosofica di Albert Camus è il fulcro del progetto concepito da Rosario Diana. L’evento “Camus 2020. Note di lavoro”, in programma l’8 Luglio al Teatro Dumas – Institut Français di Napoli, conclude la trilogia dal titolo “Scene del riconoscimento” e verrà rappresentata dall’attore e regista teatrale Andrea Renzi.
Camus 2020. Note di lavoro
L’assurdo, la morte, la saggezza, il concetto di rivolta, la giustizia, il nulla, il tempo, la felicità e l’assenza di Dio sono i cardini storico-intellettivi di Camus 2020. Il testo scritto da Rosario Diana propone un’interpretazione critica degli scritti di Camus e ad Andrea Renzi tocca lo spaesamento meta-teatrale arrivando a parlare anche in prima persona tramite argomenti “intimi” come, ad esempio, il suo mestiere di attore in consonanza con le idee dello scrittore francese.
Scene del riconoscimento
La serata dell’8 Luglio va a concludere una trilogia di appuntamenti che ha avuto come protagonisti anche altri importantissimi nomi della filosofia:
- il primo appuntamento è stato dedicato al “Paradiso perduto” di John Milton con l’attrice Valentina Acca
- il secondo, invece, ha visto l’analisi delle “Diramazioni da Hegel” con l’attore-regista Lino Musella
Tre eventi presso il Teatro Dumas – Institut Français di Napoli per raccontare come teatro e filosofia siano fortemente uniti.
Intervista ad Andrea Renzi
In occasione dell’evento dell’8 Luglio abbiamo potuto rivolgere qualche domanda a colui che salirà sul palco del Teatro Dumas, l’attore e registra teatrale Andrea Renzi:
Albert Camus ed Andrea Renzi: come “vi siete incontrati”?
Confesso di non essere un assiduo frequentatore dei testi di Camus. Mi fu regalato, molti anni fa, “Il mito di Sisifo” e mi lasciò un’impressione profonda, un senso necessario di ricerca continua e incessante.
Durante la pandemia ho preso parte al film di Francesco Patierno “La peste” (in qualche modo dettato dall’omonimo romanzo di Camus) e l’impatto con la scrittura di Camus riattraversata e condivisa con il regista e gli altri attori è stato molto coinvolgente.
Mi sembra, per quel che vale il mio parere, un pensatore “controcorrente” rispetto all’atteggiamento più superficiale di questi anni. Uno scrittore di profondità. E in questo senso lo trovo un confronto fertile.
Perché il nome “Scene del riconoscimento” per l’evento?
L’idea di scrivere una trilogia di melologhi sul tema filosofico del riconoscimento – con la musica di Rosalba Quindici – è venuta a Rosario Diana (primo ricercatore di filosofia al Cnr e studioso di questo problema) dopo aver letto un saggio di Fiorinda Li Vigni (segretario generale dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici) dedicato a tale questione, esaminata criticamente in tre autori: Milton, Hegel, Camus.
Le prime due tappe della trilogia (Milton e Hegel) – interpretate da Valentina Acca e da Lino Musella, con Lucio Miele alle percussioni e Ciro Longobardi al piano – sono state rappresentate nel 2018 e nel 2019.
Questa è la puntata conclusiva, che vede in scena con me il chitarrista Ruben Mattia Santorsa a eseguire live alla chitarra classica le composizioni di Quindici.
Qual è l’obiettivo dell’evento?
Credo il nostro compito sia aprire questo dialogo “prismatico” tra le voci di Camus, dell’autore del copione (Diana, appunto) e dell’interprete al pubblico, cercando di creare un’empatia con gli spettatori su temi cruciali della vita di ognuno che spesso però vengono rimossi: l’assurdo, il senso della rivolta, il desiderio della felicità, il sentirsi stranieri anche a se stessi.
Potremmo definire questo evento come un melologo meta-teatrale?
Sì, c’è una componente meta-teatrale nell’invenzione di Rosario Diana, che ha plasmato un personaggio che è l’interprete stesso del testo, un Andrea Renzi che si rivela e si scopre mentre recita essendo un testimone di Camus.
Teatro, cinema e televisione: secondo Andrea Renzi quanto, ancora oggi, sono legati?
È un discorso molto complesso. Credo che in questo periodo non ci siano legami culturali forti tra i tre settori. Cinema e televisione sono di fronte alla necessità di ritrovare una modalità di fruizione che ridia loro identità.
Paradossalmente la disciplina con numeri più piccoli e più antica, il teatro, è quella che ha meno da temere in questa circostanza storica.