Sarà il Teatro Elicantropo di Napoli a ospitare il debutto, in prima assoluta, di Come vorrei non morire, uno spettacolo di e con Daria Pascal Attolini, per la regia di Alessi Vicardi, presentato da Indipendenti di Milano.
La protagonista di Come vorrei non morire ritrova suo padre e lo perde nuovamente. Stargli accanto, nel momento più duro della sua vita, le permette di ritrovare parte del suo passato e lo ricostruisce. Rimette insieme i pezzi della loro storia, scopre cose che non sapeva, costruisce un dialogo, in cui è, finalmente, possibile dirsi cose mai dette.
Una storia vera, personale, fortemente autobiografica. E’ il rapporto con un padre assente per buona parte della vita, e che, a un certo punto, rivela di essere malato di cancro e con pochissime possibilità di sconfiggere la malattia. Un racconto che ha come tema il senso della vita, esserci, starsi vicini.
“Quando Daria mi ha parlato di questo suo progetto – spiega la regista – ho pensato si trattasse di un lavoro molto rischioso. Poteva essere un’esperienza legata al teatro-terapia, dove il palcoscenico fosse il mezzo di un’operazione psicanalitica. Quando poi l‘ho letto, ho sentito, invece, che c’era la possibilità di far emergere il lato più semplicemente umano, condivisibile, allontanandosi dall’autoreferenzialità”.
Gli unici oggetti di scena hanno attinenza con la nostalgia, con l’abbandono. Quasi tutti gli oggetti godono d’immortalità rispetto all’essere umano. Attraversano i secoli, ricevono le cure di chi li tiene in vita, e passano di mano in mano, di famiglia in famiglia, testimoni silenziosi di cambiamenti.
Il tema della morte, più specificamente dell’abbandono, è declinato in diverse forme. Tutto inizia e s’interrompe, e la sensazione è che nulla giunga fino in fondo, che non si riesca mai ad arrivare all’ultimo atto, che tutto sia destinato a finire o non finire mai.
Il ricordo è vivo ed è raccontato per lasciare un segno oltre lo specifico di questa storia. Nessuno vuole morire davvero, e, in questa corsa all’immortalità, si perdono i rapporti più veri, gli unici per cui valga la pena lasciare un segno.
La verità dei sentimenti fa paura, perché viviamo in un sistema basato su rapporti a distanza, egocentrici, scontati, in cui anche la morte ha il proprio outlet, e l’enorme cimitero on line dei social è la nuova frontiera dell’immortalità.
“La morte di mio padre – così l’autrice e interprete – ha interrotto il mio rapporto con lui e le mie domande sono rimaste aperte. L’immortalità dell’arte e l’effimero della vita, il teatro come possibilità di esistere altrove, e la crudezza della realtà che non permette di pensarsi eterni”.