Le tanto attese linee guida del Miur sono arrivate. A settembre gli studenti torneranno in aula, bisognerà assicurare il rispetto delle norme anti contagio, studenti e personale scolastico dovranno indossare la mascherina. Non sarà necessario misurare la temperatura all’ingresso in scuola. Al di là della vaghezza su alcuni punti come il distanziamento sociale, in che modo questo documento ha migliorato il nuovo anno scolastico italiano? Dove sono finiti gli altri annosi problemi della scuola italiana?
Il nuovo anno scolastico italiano all’insegna dell’incertezza
Iniziamo con il primo e basilare problema: gli insegnanti. Gli ultimi dati diffusi dai sindacati per il prossimo anno parlano di ben 85.150 cattedre vacanti, un dato record. Il concorso, promesso dalla ministra Azzolina come da tutti i ministri che si sono avvicendati alla guida del dicastero dell’Istruzione, è fermo ai blocchi di partenza da anni. Quindi, anche per il prossimo anno scolastico la scuola italiana dovrà sopperire alla costante mancanza di insegnanti attingendo a graduatorie che ospitano precari storici.
In più, secondo il ministero dell’Istruzione 8.000 docenti di ruolo sono stati trasferiti fuori Regione. Un dato, questo, da non sottovalutare. In molte regioni del Nord, infatti, le graduatorie, sia quelle a esaurimento sia dei concorsi, già poco affollate negli anni precedenti, sono ormai esaurite. Situazione diversa al Sud dove, invece, le graduatorie sono nutrite. Questa disparità ha spinto molti docenti precari del Sud a trasferirsi al Nord dove la carriera scolastica ha portato, dopo anni, all’immissione in ruolo per poi chiedere il trasferimento nella Regione di origine. Cosa vuol dire tutto questo? Vuol dire che le scuole del Nord si troveranno ancora più sfornite di riferimenti, mentre al Sud, persone che aspettano anche un incarico annuale per insegnare, avranno meno possibilità.
Si fa un bel parlare, poi, di didattica inclusiva con l’utilizzo delle nuove tecnologie ma anche qui bisogna scontrarsi con una realtà ben diversa. Delle 85.150 cattedre vacanti di cui sopra, 20.473 sono sul sostegno. La carenza in questo caso ha una motivazione ben più grave che è la mancanza di un piano scolastico dedicato ai disabili, ai soggetti DSA e BES. Molti degli insegnanti di sostegno utilizzano l’esperienza maturata nel ramo come trampolino di lancio verso il ruolo ordinario mentre in alcune scuole si utilizza il personale in sovra numero per “progetti di potenziamento”. Anche in questo caso, quindi, la formazione è strumentale alla carriera dell’insegnante e non alla formazione dello studente.
Il personale ATA
Altro nodo cruciale: il personale ATA. Il personale tecnico e di collaborazione scolastica ha subito negli anni clamorosi tagli riducendo ai minimi termini le attività scolastiche. Pochi collaboratori scolastici significa minore vigilanza sugli studenti, orari di apertura scuole limitata, difficoltà a sbrigare le pratiche amministrative e impossibilità di utilizzo dei laboratori tecnici. L’anno scolastico 2020/21 non vedrà nessun taglio del personale ATA: le 203.360 unità dello scorso anno sono state confermate. Un cambio di rotta, certo, ma insufficiente a garantire la vigilanza sui protocolli anti contagio che saranno messi in atto da settembre. La carenza di personale nelle scuole è alla base dello scontro tra il ministero che cerca soluzioni a volte avveneristiche e i sindacati che fanno i conti con i tanti disagi del mondo del lavoro.
Edilizia scolastica
Di male in peggio. Dopo l’abolizione delle provincie, la competenza dell’edilizia scolastica è passata ai Comuni che dovrebbero redigere dei piani scolastici. Purtroppo i bilanci sempre in rosso degli Enti Locali riversano le loro conseguenze anche su questo fronte. La gestione dei fondi per la scuola, però, è affidata alle Regioni per cui si dovrebbe realizzare un tavolo di concertazione tra gli enti locali e le istituzioni scolastiche, cosa che raramente avviene. Il Decreto 129 del 2018, al momento in vigore, prevede che le scuole possano provvedere in autonomia a piccoli lavori di manutenzione e riparazione urgenti. Si eseguono con i fondi propri e si chiede il rimborso all’Ente di competenza. Anche qui, il tentativo di semplificare una procedura burocratica somiglia più a uno scaricabarile sulle scuole in nome dell’autonomia. A leggere bene anche le ultime linee guida, che dovranno essere la bibbia del nuovo anno scolastico italiano 2020/21, affidano molta discrezionalità alle singole scuole che in questo modo sono lasciate sempre più sole.