Sono tanti, troppi, i casi di frodi ittiche perpetrate ai danni dei consumatori. Non ultimo il caso di due pescatori catanesi che, venuti a contatto con una sostanza utilizzata per camuffare la freschezza del pesce, sono dovuti ricorrere alle cure mediche.
Il problema di queste frodi non riguarda soltanto la Sicilia, più volte oggetto di fatti di cronaca, ma tutta l’Italia e l’Europa intera. Non è un caso che una delle sostanze protagoniste dei fatti di Catania provenga dalla Spagna: il Cafodos. Si tratta di una sostanza composta da un mix di acidi organici, acqua ossigenata e perossido di idrogeno ad azione antimicrobica e disinfettante che rende il pesce all’apparenza più giovane e fresco aumentando il tempo di conservazione e incrementando il pigmento del prodotto.
In alcuni casi, dunque, si tende a far passare per fresco un alimento che in realtà non lo è per niente, questo, poiché la legge consente l’uso del Cafodos per i prodotti ittici congelati. Data la scarsa disponibilità di pesce locale diverso da quello azzurro, l’additivo, spesso, viene importato da Spagna e dal Senegal dove viene utilizzato ampiamente anche per il trattamento dei prodotti freschi. Il Cafodos non è l’unico elemento del caso catanese, uno dei pescatori è venuto a contatto con dei solfiti, anche questi condannati da gran parte delle organizzazioni a tutela dei consumatori. La legge ne suggerisce un consumo limitato ma se impiegati oltre le dosi consigliate possono presentare non pochi rischi per la salute dell’individuo. In campo ittico i solfiti sono utilizzati, prevalentemente, per il trattamento di molluschi e crostacei.
Come tutelarsi? Nonostante i controlli e i sequestri di materiale ittico in tutta Italia può comunque capitare di avere a tiro qualche furbetto del pesce. Sono tante le campagne di prevenzione, ad esempio “Ok il pesce è giusto” promossa dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta la quale ha elaborato una guida all’acquisto consapevole del pesce. Nella guida si trattano le principali frodi ittiche commesse ai danni del consumatore per far si che questo possa in qualche modo “difendersi”.
Parliamo di sostituzione del pesce, ossia la vendita di una specie diversa da quella presente e dichiarata in etichetta; vendita di pesce decongelato e presentato come fresco; pesce da consumarsi crudo ma non sottoposto ai dovuti controlli (da qui il rischio di parassiti come l’Anisakis); pesce di allevamento venduto come selvatico.
Oltre al danno anche la beffa! Si, perché oltre che a pagare per un pesce che non vale il prezzo richiesto, il consumatore può incappare in rischi per la salute, specie quando si parla di pesce crudo o non fresco.
Anche il Ministero della Salute in collaborazione con l’Istituito Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e della Emilia Romagna ha divulgato nel 2015 un opuscolo per indirizzare il consumatore a riconoscere il materiale ittico. Punti fondamentali di questo opuscolo sono innanzitutto l’etichettatura, il pesce deve esibire l’etichetta in lingua italiana accompagnata dal nome scientifico del prodotto e la zona di cattura o di produzione indicando il nome del mare o, se si tratta di un pesce di acqua dolce, il Paese. Il tutto deve essere scritto in modo esteso e comprensibile e, fondamentale, l’indicazione dello stato del prodotto, dunque, se fresco o decongelato. Solo per la grande distribuzione organizzata il nome scientifico del prodotto può essere indicato in un cartello a parte in cui vengano elencate tutte le specie ittiche vendute. Attenzione ai molluschi, questi, devono essere posti in un banco a parte e tutti i pesci devono essere messi sul ghiaccio per mantenere una temperatura vicina allo zero.
Come si riconosce un pesce fresco? Innanzitutto dall’occhio che deve essere brillante e convesso, non deve essere alterato in alcun modo né opaco. La pelle del pesce, deve presentare colori vivi e deve essere tesa. Le branchie devono essere di colore rosse o rosa ben definite non presentare muco. Le squame, inoltre, devono essere lucenti e ben aderenti e se proviamo a battere il pesce questo deve restare bello sodo e non deve afflosciarsi. Questi rappresentano alcuni consigli per riconoscere il pesce al banco.
E’ importante sottolineare che anche i prodotti decongelati possono essere venduti al banco, ma la cosa deve essere comunicata al consumatore che deve poter essere consapevole che sta acquistando un prodotto non fresco. Il prodotto decongelato può essere venduto se non presenta alcuna alterazione e non deve assolutamente essere ricongelato.
Come accade per tutti i comportamenti illegali, a farne le spese è il mercato dell’ittica che in Italia sembrerebbe molto controllato in tutta la filiera sia per il pescato che per l’acquacoltura con particolare attenzione alle zone di raccolte e alla etichettatura. Qualche carta in tasca in più ora ce l’abbiamo, quindi, tutti al banco!