Uno studio condotto sui dati raccolti dalla sonda Rosetta e da missioni spaziali precedenti di flyby attorno a nuclei cometari mostra che le comete si formano dall’aggregazione successiva a bassa velocità di grani di materiale primordiale. Marco Fulle (Istituto Nazionale di Astrofisica): «L’unico modo per capire una cometa è ripetere una missione complessa almeno quanto Rosetta»
Capire come e quando si siano formate le comete è di fondamentale importanza per determinare quale sia stato il loro ruolo nella formazione ed evoluzione del sistema solare. Un’analisi dettagliata dei dati raccolti dalla sonda Rosetta dell’ESA mostra che la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko deriva dagli antichi resti dei materiali che hanno dato vita al nostro sistema planetario.
Dallo studio, pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics da un team internazionale di scienziati guidato da Björn Davidsson del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, emerge che i risultati di Rosetta favoriscono la teoria secondo cui le comete sono composte da materiale primordiale, e che quindi possono aiutarci a rivelare le proprietà della nebulosa da cui si sono formati il Sole, i pianeti e tutti gli altri piccoli corpi che ci circondano.
L’ipotesi alternativa è che i nuclei cometari siano frammenti di oggetti più anziani e massicci, come gli oggetti transnettuniani (TransNeptunian Object, TNO). In questo caso, potrebbero fornire informazioni circa l’interno di questi oggetti, le collisioni che li hanno frammentati e i processi che hanno permesso la formazione dei nuovi corpi più giovani.