Nel piccolo paese di San Marco dei Cavoti, in provincia di Benevento, si vive oltre i cento anni, forse per l’aria buona o forse no, però gli scienziati del CReI e il collegio dei Reumatologi Italianihanno deciso di indagare sul perché di questo elevato numeri di ultracentenari.
Anche se i risultati non sono ancora del tutto certi e precisi, una prima scrematura sembrerebbe rivelare che i migliori amici della longevità sarebbero un corretto stile di vita, la presenza di vitamina D e del gene del recettore nucleare ad essa associato (Vdr).
Lo studio chiamato Hebe, nome mitologico che identificava la dea greca dispensatrice del nettare dell’eterna giovinezza, durerà all’incirca 4 mesi. Verranno analizzati due gruppi di cittadini di circa 150 persone; da un lato vi saranno gli ultranovantenni e i figli di più di 60 anni, dall’altra, invece gli ultrasessantenni che da circa tre generazioni non contano novantenni in famiglia. Saranno sottoposti ad appositi questionari sulle abitudini alimentari e relazionali nonché sulle caratteristiche socio – economiche e culturali. Fatto questo, ai componenti di entrambi i gruppi selezionati sarà prelevato un campione sanguigno per conoscere il sottotipo di recettore nucleare per la vitamina D e misurare i livelli nel sangue di quest’ultima.
Studi di questo genere sono stati condotti anche in altri paesi, si tratta di ricerche di stampo americano, europeo e iraniano che hanno dimostrato come la longevità sia strettamente correlata al gene VDR con polimorfismo FF.
Se anche la ricerca italiana dovesse dimostrare che il polimorfismo del gene VDR – FF è più efficiente nelle persone longeve si potrebbero risolvere molti problemi legati a diversi disturbi. Si potrebbero fare progressi per quanto riguarda i disturbi dell’apparato locomotore, quali, l’osteoporosi, l’artrosi e per le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.
L’obiettivo è quello di capire se è possibile modificare la risposta genetica dell’organismo al processo di invecchiamento, se gli studi dovessero dimostrare il legame fra vitamina D e longevità sarebbe possibile offrire una migliore qualità di vita ai pazienti attraverso l’introduzione di dosi adeguate di vitamina D nell’organismo; questo, non solo per i pazienti che soffrono di disturbi particolari ma anche per migliorare la vita degli anziani del futuro.
Questo discorso potrebbe interessare, altresì, il campo della prevenzione dei detti disturbi per la cura dei quali la medicina sembra non fare alcun passo in avanti da circa 30 anni.