Eva Beccia Community Builder e Social Media Manager ci racconta come costruire una community solida sui social e quanto sia importante che ogni azienda ne abbia una.
Eva ha una grande esperienza nel settore oggi è portavoce della Community al femminile Lerosa, un progetto benefit volto a sviluppare e sostenere la crescita ed il benessere delle donne.
Laureata in Conservazione dei Beni Culturali si innamora del Digital Marketing per caso, galetotta fu proprio la targettizzazione di Facebook, che le propose un corso sul tema. Cosi ha capito che :“I social sono il posto in cui volevo lavorare”. Da quel momento non ha più smesso di studiare ed aggiornarsi, passando in pochi anni dalla gestione di piccole campagne di Facebook Advertising alla costruzione di vere e proprie community fidelizzate su Facebook e Instagram.
Che differenza c’è tra una Community Builder ed una Social Media Manager?
Quella del social media manager è una figura che appartiene al passato. Quando c’era un’unica persona che si occupava di analisi, strategia, piano editoriale, grafiche, copy, campagne di ADV. Un’epoca primordiale in cui per avere ottimi risultati di business attraverso i social, bastavano sponsorizzate a pochi euro, la concorrenza era poca e il social era uno: Facebook.
Già con l’arrivo di Instagram le cose sono diventate più complicate. Le competenze richieste sono aumentate. Si è cominciato a parlare di visual identity, di community, di interazione. Al social media manager non veniva più chiesto solo di organizzare campagne e post, ma di avere competenze relazionali e di visual design.
Piano piano è diventato tutto complesso, le piattaforme si sono evolute, sono aumentate e sono cambiate. In questo contesto ogni social media manager ha dovuto decidere che strada prendere. C’è chi ha scelto la via dell’Adv, chi il visual design, chi l’aspetto editoriale e chi ha cambiato lavoro. Io ho deciso di dedicarmi alla parte strategica, ovvero a costruire community fidelizzate che convertono, perché credo che sia la base di partenza di qualsiasi altra attività sui social e di business.
Perché ogni azienda dovrebbe avere la sua community?
Per una questione di fiducia. Le persone vogliono entrare in relazione con i brand e i social sono i luoghi in cui avviene il miracolo. Siamo una società benestante che non ha più bisogni da soddisfare. I consumatori non credono più al prodotto migliore o allo sconto sproporzionato. Cercano qualcosa di più. Vogliono sapere che cosa succede dietro le quinte ed essere coinvolti nella narrazione del brand. Vogliono trasparenza e relazione: brand che rispondono ai commenti, che li tiene attivi e interessati. Dove si riesce a creare relazione, si costruisce fiducia. La fiducia è un meccanismo che da un lato tiene legati i clienti all’azienda, dall’altro nutre un pubblico soddisfatto che genera referenze e contribuisce ad aumentare autorità e reputazione del brand.
Che cosa serve per costruire una community?
Non si costruiscono community a gratis e non si ottengono risultati nel breve periodo. La community è un progetto a lungo termine che richiede l’impiego di diverse risorse e competenze. La prima risorsa imprescindibile è il tempo. Tempo da dedicare all’ascolto del pubblico, per creare interazione, per rispondere ai commenti e ai messaggi privati, per la creatività. Si puoi anche gestire una community da solo all’inizio, ma le hai 4 ore al giorno da dedicarci? Non esagero, sono davvero 4 ore. La costanza è il segreto.
Poi ci vogliono soldi da destinare alla sponsorizzazione (oggi almeno all’inizio è necessaria), alla formazione e all’impiego di figure specifiche, come i “community manager” che hanno le competenze necessarie per gestire al meglio la community. È un lavoro a tempo pieno che come un piccolo ulivo porta i suoi frutti, solo dopo un anno, a volte due. Deve essere vissuto come un investimento.
Cosa può fare un’azienda se non ha le risorse per costruire una sua community ?
Può investire in affiliazioni e collaborazioni con community già esistenti. Più o meno è quello che accade nell’influencer marketing (quello vero). È meno dispendioso e i risultati sono riscontrabili nel breve periodo. Una community, generalmente, anche se fa capo a un brand, si raccoglie attorno a degli interessi e valori dichiarati. Diventa un bacino d’utenza molto interessante per i brand, che offrono prodotti in linea con i suoi stessi interessi e valori.
Quali sono le difficoltà nel costruire una community ?
Ce ne sono molte. Le più comuni sono:
– La costanza. Una community ha bisogno di essere attiva costantemente. Vanno stimolate le interazioni e il pubblico va coinvolto quotidianamente.
– La motivazione. Trattandosi di un progetto a lungo termine se non c’è una pianificazione di crescita, almeno triennale è facile perdere la pazienza di fronte all’assenza di risultati.
– La gestione della crisi. Può capitare che si creino battibecchi tra i membri di una community e che si vada oltre con i toni e con i comportamenti. In questo caso è importante prendere delle decisioni immediate a tutela di tutti.
Tutte queste difficoltà le riscontriamo ancora nella Community de LeRosa, anche se ben rodata e con alle spalle un team esperto e presente. Abbiamo un tasso di partecipazione che supera l’80%, ma ce lo sudiamo ogni giorno nel cercare di essere costanti, motivate e serene nel gestire le crisi. La soddisfazione che ne consegue si esplicita nei fatti: collaborazioni, fatturato generato tra le partecipanti e persone soddisfatte di quello che proponiamo.